Memoria 1783 – BAGNARA permanenze della costruzione del basso Tirreno reggino, di Giuseppe Lonetti, Laruffa editore 2008

Memoria 1783

Permanenze della costruzione del basso tirreno reggino

a cura di Giuseppe Lonetti, Laruffa editore 2008

BAGNARA

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Analisi storica:

 Bagnara, posta al centro della Costa Viola, si stende verso il mare dai terrazzamenti collinari. È raggiungibile per mezzo della SS, 18, imboccando lo svincolo per Bagnara dell’autostrada A4 Salerno-Reggio Calabria. Sulle origini di Bagnara sono state elaborate diverse teorie, che la collocano in una fase di colonizzazione greca o all’età romana o, addirittura, come opera dei fenici nel VI secolo a.C. Ciò per la presenza di un porto, la cui esistenza è testimoniata da vari scrittori latini e che, con ogni probabilità, sorgeva nei pressi di tale sito. Tra l’altro, il nome di tale porto, detto Balarum, probabile contrazione di Balnearum, starebbe ad indicare la presenza di una sorgente termale, Oggi di essa non esiste traccia, ma la causa potrebbero essere le frequenti alluvioni e i conseguenti dissesti del terreno: pare, infatti, che dopo il terremoto del 1783 sia stata ritrovata una lapide con iscrizione latina mutila, attestante il ringraziamento di un malato che aveva ottenuto la guarigione grazie alle acque’. Qualunque sia stata la sua origine, però, è certo che Bagnara già esisteva nell’XI secolo, quando il Conte normanno Ruggero, vi fondò l’Abbazia di Santa Maria e dei Dodici Apostoli nel 1085, dotata di molte possessioni, tra cui “il luogo di Bagnara con le terre, selve, acque e sue pertinenze”.  L’importanza di questa abbazia fu enorme, sia a livello politico che economico: il favore normanno, infatti, si manifestava non solo con la protezione, ma anche con continue donazioni di terre e benefici. Di conseguenza spesso essa si trovò in contrasto con le altre istituzioni monastiche della zona e, particolarmente, con quella benedettina di S. Eufemia, che, come prima fondazione normanna in Calabria, temeva una perdita di prestigio. Per lungo tempo la storia di Bagnara si identificò con quella dell’Abbazia, tanto che non si hanno notizie del centro urbano anteriormente al 1255. In tale anno Pietro Ruffo, in guerra contro Manfredi, ne fece fortificare il castello, assieme a quelli di Scilla e di Nicotera. Gli anni successivi videro di nuovo Bagnara infeudata alla sua Abbazia e centro conteso, per la sua rilevante importanza strategica, durante la guerra del Vespro. Nel 1419, però, Bagnara fu tolta dalla regina Giovanna II all’Abate, legittimo proprietario, per essere ipotecata a Carlo Ruffo, Conte di Sinopoli, per 12.000 ducati, con patto che, alla restituzione della somma, il Ruffo avrebbe a sua volta restituito il feudo all’Abbazia. Ciò, però, non avvenne mai ed il Ruffo rimase in possesso del feudo fino alla morte di Giovanna ed all’ascesa al trono di Alfonso I d’Aragona. Questi, infatti, nel 1454 ordinò che gli uomini della terra di Bagnara prestassero giuramento di fedeltà all’Abate del Monastero di S. Maria.  Nel 1462 la carica di castellano di Bagnara fu affidata dal re a Carlo Ruffo, conte di Sinopoli, che ben presto si fece coinvolgere dal cognato, Antonio Centelles, nella congiura dei Baroni, finendo sconfitto e spodestato da Esaù Ruffo, cadetto della medesima casa di Sinopoli.

A quest’ultimo Ferdinando II concesse la terra di Bagnara, come ricompensa per i servigi militari prestati, dando inizio alla stirpe dei Ruffo di Bagnara che mantenne il feudo ininterrottamente fino all’ eversione della feudalità. Il terremoto del 1738 fu particolarmente distruttivo per Bagnara, perché “essendo situata sopra un luogo scosceso (. . .) precipitò in maniera che gli edifici si rovesciassero l’un sopra l’altro, confondendosi così vicendevolmente le abitazioni ed settecentesco, eliminando, il suolo medesimo su cui erano collocate” ~ Dal cataclisma si salvarono soltanto la Chiesa di S. Maria di Porto alvo e parte del Castello. Dell’antica Abbazia di S. Maria e dei Dodici Apotoli rimase soltanto un pilastrino della facciata. La nuova città fu quasi immediatamente progettata dall’architetto regio Vincenzo Ferraresi, autore anche della nuova pianta di Seminara. Ricostruita, fu nuovamente distrutta dai terremoti del 1894 e del 1908 anche se la nuova riedificazione non tenne conto dello schema planimetrico settecentesco, eliminando, ad esempio, il “marciapiede lungo duemila palmi ed alto dodici per impedire la crescenza del mare e per diminuire il troppo declivio del suolo (. . .); il quale marciapiede, ornato da quattro fontane, a cominciare dal Canneto doveva prolungarsi fino al termine del Rione Valletta, assicurando le barche per mezzo di rastrelli all’uso di Olanda”. A seguito dei ripetuti sismi che sconvolsero Bagnara, rimangono poche testimonianze dell’arte e dell’architettura legate al suo illustre passato. Ad esempio, dell’Abbazia di S. Maria e dei Dodici Apostoli rimangono solo i ruderi dell’edificio ricostruito dopo il terremoto del 1783 e distrutto dall’altro del 1908, mentre il Castello, anch’esso rifatto dopo i sismi, è stato di recente ristrutturato per essere adibito ad albergo. Sulla costa sono visibili i resti della torre di guardia cilindrica detta “Torre di Ruggero”. Nella Matrice possono ammirarsi alcune tele dei secoli XVII-XVIII e i paramenti sacri del Cardinale Ruffo. Di interesse storico-artistico è la fontana, detta dei Ruffo, su cui è l’iscrizione dei tributi da versare per poter transitare lungo la via regia. 1.2 Descrizione del centro La città di Bagnara, completamente ricostruita dopo il terremoto del 1783, subì gravi danni anche durante il terremoto del 1908. Essa fu quindi ricostruita quasi completamente dopo quest’’ultimo evento sismico e conserva oggi pochi caratteri del periodo precedente se non nel quartiere “Porelli” e nelle frazioni di Pellegrina e Ceramida. L’assetto urbanistico del quartiere “Porelli” è totalmente diverso quello del resto della città: qui gli isolati, pur sempre regolari, sono suddivisi in unità abitative di piccole dimensioni che ben si adattano all’andamento scosceso del terreno sul quale sorgono. Nell’articolazione del tessuto urbano è possibile rilevare un gran numero di case di pendio con ingresso su due differenti livelli e una particolarità riscontrata solo sporadicamente in altri centri: gli edifici a più elevazioni hanno i piani superiori rientrati rispetto al filo esterno del muro; questi sono realizzati in muratura se poggiano comunque sullo spessore del muro portante, o semplicemente in tavole o in cannucciato intonacato se sono particolarmente rientranti. Nello spazio risultante tra il filo esterno della muratura e questi muri soprastanti si trova un balcone che, invece di essere sorretto dalle classiche mensole, è ricavato sfruttando lo spessore del muro sottostante. Gli edifici di questo quartiere sono stati sovente distrutti, o stravolti da superfetazioni.

Quello che spesso rimane è l’impostazione tipologica che conserva il carattere originario con il mantenimento delle dimensioni del lotto e la posizione delle bucature. La muratura è in pietrame misto e mattoni con ricorsi non sempre continui e regolari e malta confezionata con sabbia di mare; le pietre sono grossolanamente sbozzate e generalmente di natura cristallina; spesso è facile scorgere la presenza di breste all’interno della muratura mista.

 La maggior parte delle murature è intelaiata ed è ancora possibile osservare le “travi”, visibili a tratti all’interno dei muri. Alcuni edifici sono chiaramente realizzati attorno alle “originarie” baracche in legno la muratura si sviluppa, infatti, attorno al legname conservandolo ancora in parte. Esistono inoltre esempi di murature realizzate interamente con breste, o anche pietrame misto, legate da una “malta” costituita da un impasto di terra e ricoperte da questa stessa particolare “malta”. I solai sono interamente in legno così come la struttura delle coperture. In alcuni edifici è stato possibile rilevare una doppia orditura in legno sormontata da un tavolato e sorretta da travi poggiate su mensole, 5 6 46 ANALISI STORICO TIPOLOGICA anch’esse lignee, in prossimità dei muri. In alcuni casi, il tavolato serviva da piano d’appoggio per la ·posa in opera del successivo massetto e del pavimento. I manti di copertura dei tetti, originariamente in coppi, sono spesso sostituiti da manti di lamiera ondulata, ma conservano la struttura lignea formata da puntoni, o travi incastrate nella muratura, correntini e, in alcuni casi, un tavolato visibile nello sporto di alcune coperture. L’edilizia di questo quartiere, dalle linee semplici ed essenziali, non presenta particolari decorazioni o modanature: non sono stati rilevati portali né cantonali, gli unici elementi lapidei sono alcune mensole di balconi, ove queste non siano state sostituite da profilati metallici e voltine in mattoni, e alcune lastre di balconi. Gli infissi sono inseriti in bucature rifinite in mattoni o semplicemente in legno, così come in mattoni sono anche i marcapiani e le rare paraste d’angolo. Le considerazioni fatte in merito alle tecniche costruttive tradizionali utilizzate nel quartiere Porelli, sono confermate anche nella frazione di Pellegrina. Una sostanziale differenza esiste nell’impostazione tipologica delle abitazioni della via Regina Margherita in cui sono presenti delle particolari case di pendio; queste si presentano su un’unica elevazione poiché il piano terra è seminterrato rispetto al piano stradale e sul prospetto vi sono due ingressi: uno di accesso al piano terra, più basso e inquadrato in genere da un arco senza alcun infisso attraverso il quale si accede ad una ripida scala, e l’altro di accesso al piano che si trova a livello strada.

Anche qui gli elementi in pietra sono piuttosto rari e sostituiti da modanature in mattoni e malta. Gli unici elementi lapidei sono le mensole di alcuni balconi e i davanzali di certe bucature. Non ci sono particolari portali lapidei né cantonali strutturali. L’edilizia è semplice e lineare con murature in pietrame misto rincocciato da laterizi e con una struttura interna in legname intelaiato; i solai sono semplicissimi, in legno, così come le coperture in coppi adagiate su una struttura di travi e correntini, poggiata a sua volta, direttamente sulla muratura e collegata all’intelaiatura lignea. Caratteri diversi mostra l’unica costruzione pi~ importante, probabilmente più tarda, nel cui interno è ancora possibile osservare i pennacchi di una copertura voltata in mattoni sulla quale si impostava il pavimento in cotto del piano superiore. Questo è l’unico elemento voltato riscontrato in questa zona, e assume un aspetto di particolare rilevanza in quanto dai resti esistenti è possibile ricostruire la struttura originaria della volta.

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Post Author: Gianni Saffioti