Alan Lomax a Bagnara, musica e fotografie del 26 luglio 1955

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Alan Lomax a Bagnara musica e fotografie. 26 luglio 1955

Nel suo lungo giro in Italia, Lomax arriva a Bagnara il 26 luglio del 1955 proveniente da Cardeto dove aveva effettuato altre registrazioni e fotografie. A Bagnara registra alcuni brani assieme a Michele Borgese, Giuseppe Velardo, Rosario Pirrello, Giuseppe Velardo, cugino di quest’ultimo, uno di questi brani viene inserito in un disco “ The Columbia world library of folk and primitive music” pubblicato a  New York, 1958 dalla Columbia records. Il Brano, che Lomax fece cantare in due versioni diverse è “Veni l’amuri mia (Alla bagnarota)” che si avvalse della collaborazione deli artisti sopra citati senza Giuseppe Velardo e con una sola chitarra, mentre esiste nelle registrazioni una versione con due chitarre, dove alla seconda chitarra c’era Giuseppe Velardo. Nelle foto vediamo il gruppo di cantanti in alcune istantanee dello stesso Lomax ed in basso gli appunti in un misto tra inglese, italiano e dialetto, tra i pochi rimasti dopo il furto che lui stesso subì al ritorno negli USA. Seguono nell’articolo alcuni brani registrati a Bagnara tra cui una celebre tarantella che nel corso degli anni è stata modificata nell’adattamento a feste e manifestazioni varie perdendo certamente il fascino di quella che è stata la prima registrazione e molto probabilmente quella che di più si avvicina alla versione originale.

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Ampia documentazione sul viaggio di Lomax si può trovare al Centro Studi Alan Lomax, c/o Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino, Piazza Antonio Pasqualino, 5 – 90133 Palermo

Si consiglia il libro – Alan Lomax  un viaggio in Italia- 1954-1955: ”L’anno più felice della mia vita” – che racconta la sua esperienza in Calabria

Il grande etnomusicologo americano in Italia. A caccia, col suo furgone Volkswagen, di suoni antichi e volti del Mezzogiorno povero degli Anni ’50.

Le registrazioni furono impiegate, assai spesso a sua insaputa, soprattutto da Vittorio De seta.

Nello spettacolo teatrale di Dario Fò dal titolo ci ragiono e canto del 1966 furono usate alcune registrazioni di Lomax, tra cui Ninna Nanna di Bagnara.

Figlio del musicologo John Avery Lomax, Alan James Lomax nasce il 31 gennaio del 1915[1]. Condusse assieme al padre una lunga serie di indagini, fra il 1933 e il 1942, nel sud degli Stati Uniti, per documentare, con registrazioni sul campo, la cultura musicale degli abitanti delle regioni meridionali e in particolare dei discendenti degli schiavi deportati dall’Africa. Molte di quelle registrazioni sono poi confluite nell’importantissima raccolta di nastri dell’Archive of American Folk Song della Biblioteca del Congresso. Tra gli altri nomi celebri che compaiono nelle sue registrazioni dedicate alla musica americana vanno ricordati, tra gli altri, Jelly Roll Morton, Huddie Ledbetter e Muddy Waters.

Alan Lomax, già nel 1940, collaborava con Woody Guthrie a Hard Hitting Songs for Hard-Hit People, antologia di canzoni di protesta. Impegnato a documentare le forme musicali e i canti dei neri detenuti nelle prigioni statunitensi (negro prison songs), proprio in una di queste, insieme a Guthrie, conobbe Leadbelly (al secolo Huddie William Ledbetter), una delle voci più significative del blues rurale americano.

Sempre intorno al 1940, Lomax risulta indagato dall’FBI.

Un viaggio nell’Italia del 1954/55 alle soglie della grande trasformazione compiuto da Lomax, in fuga dall’America maccartista che lo giudicava “un pericolo pubblico” e addirittura “un simpatizzante del Partito Comunista”, in compagnia del calabrese Diego Carpitella (1924-1990), uno dei “fondatori” dell’etnomusicologia italiana contemporanea, all’epoca del viaggio un giovane studioso. Dalla Sicilia alla Calabria (“dove la vita e la morte si intrecciano facilmente”) al Friuli, e poi di nuovo giù per la penisola, fino a fermarsi infine in Campania.  Un’immersione senza pregiudizi nella realtà e nelle miserie di più di cento città, paesi e villaggi, da parte di un ricercatore di suoni che riascolteremo nella colonna sonora del “Decameron” di Pier Paolo Pasolini, e che  di sé, a un certo punto, dice: “Ho guidato più io di qualsiasi altra persona sulla faccia della terra”.

Un vagabondaggio non privo di disavventure (quasi tutti gli appunti di Lomax vengono rubati alla fine del viaggio), incomprensioni e suggestioni, tra lamentatrici dai capelli bianchi e mulattieri di Montepertuso, contadini di Cinquefrondi e di Mammola, pescatori siciliani  e nenie di donne; lavoratori delle vigne che cantano “con le bocche macchiate di viola, non di santi ma di belle ragazze” e  “schiavi di galea vestiti di stracci che si passano la rete di mano in mano” e cantano mentre i tonni finiscono nella camera della morte; tra  cantori delle miniere di zolfo e  suonatori di tamburo calabresi che fanno partire la tarantella “e le donne che con felicità ed orgoglio danzano all’aperto”.

Ore ed ore di suoni registrati con meticolosa accortezza sul Magnecord PT-6 trasportato nell’indistruttibile furgone Volkswagen dell’americano” (cosi apostrofavano Lomax contadini, poeti di paese, salinai e cantastorie). Lomax, a 18 anni, durante la Grande depressione, seguiva il padre, il folclorista John Avery Lomax, nelle sue esplorazioni del Sud degli Stati Uniti, per registrare i canti dei condannati ai lavori forzati e dei neri fuggiti dalle proprietà dei bianchi (quando il blues era ancora la musica delle paludi e dei ghetti). Nel 1954, convinto che “l’Italia sarebbe stato il laboratorio ideale per mettere alla prova una sua teoria, secondo la quale lo stile della voce cantata codificava alcuni profondi segreti dell’umanità”, eccolo in giro per le vie di un altro Sud, quello italiano. Contadine calabresi A Cardeto (Reggio Calabria) si sofferma e dinanzi alle immagini di donne dagli sguardi luminosi e bassi con in braccio bambini dalle guance scavate, scrive: “La gente lavora a giornata, quando c’è lavoro: si alza quand’è ancora buio e deve camminare per tre o quattro ore su difficili sentieri di montagna per raggiungere i campi da coltivare”. Non solo canzoni e suoni, ma investigazione sociale. Testimonianza dal vivo. Straordinaria la comparazione che propone Berselli: “Quando muore un uomo (nell’Italia del Sud) le donne intonano un lamento vicino al suo corpo, ballando con passi spasmodici un’antica danza funebre, strappandosi i capelli, graffiandosi la faccia in un rituale parossismo, in quel Sud cosi italiano e mediterraneo con i suoi uomini che suonano la chitarra con la sigaretta all’angolo della bocca e con le sue donne cosi antiche sembra di cogliere echi che sanno addirittura di America”.

Didascalizza  Lomax: “Una donna  era magra, con pazzi occhi marroni e capelli arruffati, distratta, non aveva avuto niente da mangiare per tutto il giorno; un’altra con la faccia scura da africana, la bocca larga, molti denti macchiati di nero. E cantarono per me la più commovente canzone che io avessi sentito in tutta Italia, una canzone che mi ricordò l’infinita pena dei neri del Missisippi e del Texas, che avevano cantato per me tanti anni prima”.

Quando Lomax viaggia col suo furgone (1954/55) in Italia c’è il boom del cinema (si vendono 819 milioni di biglietti), arriva nelle case la televisione (“Lascia o raddoppia”), i dialetti iniziano a mescolarsi con le prima parole di italiano. Lo stipendio di un operaio è di circa 40.000 lire, un giradischi costa intorno alle 30.000 lire, un disco a 78 giri 800 lire. Rocco Scotellaro firma “I contadini del Sud”, un affresco di quel mondo dimenticato che è stata la plebe rurale, Giangiacomo Feltrinelli fonda la sua casa editrice e fa entrare di nascosto il romanzo di Pasternak, “Il dottor Zivago”, e subito dopo pubblica “Il Gattopardo”. Due grandi successi.  Luchino Visconti finisce “Senso”, lo scenario è la rivoluzione mancata del Risorgimento italiano. Il ’55 è l’anno della rivoluzione dei consumi e della 600, all’italiano si suggerisce di fare l’americano. Corrado Alvaro nel ’54 è colpito da un tumore e muore a Roma nel ’56.contadine calabresi

Ma tra i tanti viaggi al Sud, negli stessi anni in cui l’americano è in Italia, Goffredo Plastino (che è il curatore del libro di Alan Lomax) ricorda il reportage effettuato per la Rai in tutte le regioni italiane  da  Guido Piovene tra il ’53 ed il ’56 (“Viaggio in Italia”), e il viaggio di  Pasolini del ’59 che in macchina fa un periplo lungo le coste italiane (“La lunga strada di sabbia”). Per darci un consiglio: “Misurando la distanza tra l’Italia contemporanea e quella degli anni ’50, come se si trattasse di due mondi diversi e lontani, possiamo guardare le fotografie di Lomax (accompagnandole o meno con ciò che rimane dei suoi testi o con le sue registrazioni) così come continuiamo a leggere i libri degli scrittori che di quell’Italia hanno dato una loro personale visione. Per esempio, ripercorrere il viaggio di Piovene, guardare le fotografie di Lomax e riflettere su alcune pagine di Pasolini del 1959, può determinare interessanti cortocircuiti. Come Piovene e Pasolini, Lomax viaggiando in Italia non è certo riuscito a osservare tutto: però ha visto ed ascoltato abbastanza per lasciarci in eredità un altro essenziale inventario italiano”.

Notizie tratte da vari siti facilmente reperibili sul web.

http://www.consiglioregionale.calabria.it/calabriainforma_3/dettaglio.asp?IDPaginaA=2098,&Prov=lista&accessiunici=&F_Sezione=CALABRIA%20INFORMA&F_Data_A=&F_Data_R=&F_IDPagina=2098

http://music.altervista.org/risorse/bagnara-calabra/

https://it.wikipedia.org/wiki/Alan_Lomax

 

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Post Author: Gianni Saffioti