Le bande cittadine fino al 1985

Le bande cittadine fino al 1985

(da due  lunghe interviste al sig. Francesco Versace e al sig. Luigi Oriana, ed alcune notizie tratte dal Cardone)

in basso la galleria fotografica

La banda cittadina, come punto culturale di riferimento forte per il paese ha una sua logica ed incisività fino agli anni settanta. Volendo essere buoni possiamo considerare anche gli anni ottanta come punto di travaglio culturale della società e la decadenza di un costume, la banda appunto, che non ha più trovato  una sua logica sistemazione all’interno della stessa. La decadenza della nostra banda non è un caso isolato, ma è dettata a livello nazionale dal cambiamento della società, dalla sua evoluzione, al cambiamento dei gusti ed all’inventiva sociologica che, prima con la televisione e poi con i vari intrattenimenti elettronici e digitali, ha offuscato e messo in secondo piano le bande cittadine. Nel nostro piccolo mondo bagnarese, furono le due principali congreghe per prime ad eliminare i palchetti in ferro dove le bande si esibivano, e da quel momento l’attività delle bande fu lentamente ridimensionata. Al giorno d’oggi la loro apparizione è legata quasi esclusivamente alle feste cittadine. In un mondo che cambia, la banda per non morire avrebbe bisogno di rinnovarsi concettualmente. A mio giudizio, al di là degli sforzi che oggi si fanno per portarla avanti, nella società odierna, essa non ricopre certamente il ruolo che aveva fino a qualche decennio fa. Per questo la nostra storia si ferma agli anni ottanta. Dopo che il ruolo che essa svolgeva è culturalmente cambiato. Dischi, radio, video, hi fi, hi tech ecc. ecc. l’hanno sostituita.

Ricostruita la città dopo il terremoto del 1783 su un terreno pianeggiante e comodo, Bagnara e la sua gente sentirono l’esigenza di avere sul nuovo sito delle strutture moderne tali da poter competere con gli altri centri vicini e rendere la cittadina gradevole ai molteplici viandanti (commercianti, turisti, militari, uomini di governo, ecc.) che vi sostavano.

Dopo l’ennesima alluvione, quella del 1816, molte strutture importanti furono portate a compimento. Così fu per la piazza del Popolo che originariamente si chiamò di Sant’Angelo, per il ponte Caravilla, che prese il nome di chi lo progettò, ed anche per quello sullo Sfalassà.

Per non venir meno al sempre più insistente volere della cittadinanza che da tempo chiedeva una banda musicale, nel 1835 il sindaco Arcidiacono ottenne di fondare a Bagnara il primo corpo musicale.

Composto da trentadue elementi, il gruppo creò in paese una simpatia tale da coinvolgere la popolazione e soprattutto i giovani a coltivare l’arte della musica.

In una delibera del 7\12\1865 il consiglio comunale nominò il maestro Vincenzo Putortì direttore della banda cittadina. Gli venne concesso uno stipendio per l’insegnamento della musica ai ragazzi ed inoltre fu attribuito alla banda stessa un finanziamento annuo per le prestazioni pattuite. Durante i mesi estivi il gruppo musicale si esibiva in piazza del Popolo due volte alla settimana.

Come succede nelle migliori famiglie, anche all’interno della banda musicale bagnarese sorsero dei problemi, i quali divennero estremamente gravi nel 1875, tanto da costringere la giunta a sciogliere il gruppo e rifondarlo.

A dirigere il nuovo corpo musicale fu chiamato il maestro Bagalà. Riuscì a tenere per soli due anni, nel 1877 la banda fu nuovamente sciolta.

La musica era divenuta un qualcosa di cui la cittadina non poteva più fare a meno ed era triste e penoso per i cittadini rimanere senza la banda municipale.

Tanta fu la passione e la volontà di continuare una tradizione valida e sana, che nel 1896 la giunta comunale fu costretta a deliberare il riordino della banda comunale.

Fu bandito in quello stesso anno un concorso per direttore del nuovo gruppo bandistico che stava per costituirsi. Furono presentate 2 domande per il posto di direttore musicale e 58 per i 40 posti a disposizione per la composizione del gruppo musicale.

Per il posto di direttore parteciparono il maestro Calì Gerolamo ed il maestro Francesco Alati.

In quell’anno la città era governata dal partito dei bianchi, i quali scelsero il Calì come direttore bandistico che a sua volta esaminò i bandisti candidati formando la nuova banda.

Tre anni dopo, precisamente nel 1899, il sindaco cav. Candido e la giunta del partito dei Rossi, licenziarono il maestro Calì e consegnarono la banda nelle mani del maestro Alati.

Immediata conseguenza fu che il maestro Calì formò un secondo gruppo musicale che venne denominato gruppo musicale Bianco. Un’etichetta venne affibbiata anche alla banda guidata dal maestro Alati. Il gruppo da lui guidato, ossia quello municipale, venne chiamato banda Rossa.

In sintonia con i due partiti politici allora esistenti, i Bianchi ed i Rossi, le due bande cittadine dalla fine dell’ottocento e fino all’avvento del fascismo diedero vita ad una gara continua fatta di passione, bravura ed approfondimento della conoscenza musicale.

L’antagonismo servì ad accrescere il valore e la notorietà dei due gruppi anche fuori del paese ed in special modo la banda Rossa si fece conoscere in tutta l’Italia per i successi ottenuti in varie manifestazioni bandistiche nazionali.

Nel 1920, il maestro Alati ed il suo corpo musicale furono premiati con il diploma di primo grado al concorso bandistico nazionale di Orbetello sotto il patrocinio del maestro Giacomo Puccini.

Il 4 settembre del 1921 lo stesso gruppo bandistico ottenne a Firenze, in occasione dei festeggiamenti del seicentesimo anno dantesco, la medaglia d’oro con relativo diploma, vincendo il concorso per gruppi musicali che era stato bandito per l’occasione.

A tale proposito si racconta di alcuni episodi avvenuti durante le giornate della manifestazione che videro la banda bagnarese come protagonista.

La cronaca di allora ci dice che il giorno prima della finale ad ogni banda partecipante fu assegnata una piazza dove potevano provare ed alla sera allestire un piccolo concerto. Alla banda Rossa, toccò una piazza di periferia. Mentre lì stavano concertando un commissario del concorso giunto per osservare l’andamento delle prove, dopo aver ascoltato un po’ la banda, diede disposizioni che la stessa fosse trasferita nella piazza più importante della città, ovvero piazza della Signoria. Quella stessa sera la banda bagnarese ottenne un grosso successo sia di consensi che di pubblico.

Nel 1922 il successo per la banda Rossa arriva nella capitale dove partecipò al secondo convegno bandistico nazionale indetto dai periodici della carta stampata e ricevendo la medaglia d’argento offerta dal ministero della marina italiana.

Il giorno dopo, a concorso finito, le bande furono riunite per il concerto finale diretto dal maestro Mascagni. Il programma prevedeva “La gazza ladra”. Durante le prove, sentiti i tamburi, ordinò loro di accordarsi con quello bagnarese. Al tamburo della formazione Rossa c’era un certo Francè, il quale pur non conoscendo la musica aveva un buon orecchio ed un rullo velocissimo che gli permettevano grosse prestazioni. Mascagni lo notò subito onorandolo dell’apertura del brano. Nella formazione bagnarese, ai timpani c’era il sig. Tommaso Scordo, uomo di impegno cristiano e sociale che per molto tempo ha dato il suo contributo al paese anche in politica.

Infine citiamo il diploma di primo grado che la banda Rossa ottenne a Messina nel 1923 durante il convegno bandistico annuale a cui partecipò anche la banda Bianca.

Si conclude così la pagina di successi che la banda Rossa ottenne in lungo e largo per la penisola.

Da questo momento in poi il fascismo mette fine alla rinascita culturale del paese, sciogliendo le bande e fondando il gruppo musicale della Milizia.

Ai bandisti pur di continuare a suonare, furono offerti dei posti di lavoro alle ferrovie discriminando però quasi tutti  i componenti della banda Rossa che in buona parte   emigrarono in sud America, in conseguenza della grave situazione economia che persisteva in Italia e in particolare nel sud.

Anche i due maestri si dovettero adeguare alle nuove regole e furono costretti a dirigere la banda un anno ciascuno.

Si svuotarono gli entusiasmi, tutto si perse e con la rassegnazione in tasca il livello del corpo musicale si abbassò notevolmente di qualità.

Si perse pure il detto che diceva: se vai a Bagnara e jisi na petra, senti sonari.

Una menzione a parte merita il maestro Domenico Valenti. Emerso dalle file della banda Rossa per capacità tecniche e bravura, si diplomò al conservatorio di Milano perfezionandosi poi a S. Cecilia in Roma. Divenne maestro della banda di Chieti che negli anni trenta fu considerata banda di Stato e che Mascagni definì la più grande del mondo.

Nato a Bagnara il 2 gennaio del 1890, morì a Chicago l’11 settembre 1934 durante la fiera universale alla quale era stato invitato con la sua banda. Oggi le sue spoglie, tristemente dimenticate dalle autorità, riposano nel cimitero bagnarese.

Il maestro Calì cessò la sua attività per raggiunti limiti di età. Al suo posto fece una breve apparizione il maestro Leonardis, un bandista di notevole valore che dopo aver preparato diversi allievi finì tra le file della banda municipale di Reggio Calabria, fu Vincenzo Dato, squisito clarinettista.

Intanto il maestro Alati continuava la sua opera di ricostruzione della banda dopo che molti avevano lasciato per emigrare. Egli fece esordire alcuni allievi molto preparati, nel 1933 fu la volta di Francesco Gioffrè, ottimo flicornino solista che purtroppo dovette lasciare l’attività per un piccolo incidente ai denti e che adesso è un rinomato fotografo della cittadina. Nello stesso anno esordì Salvatore Saffioti, figlio di Giambattista già musicante della banda Bianca. Egli lascia la banda nel 1948 a favore del gruppo bandistico di Borgia per poi spostarsi negli anni successivi in bande di sempre più grosso prestigio come quelle di Atessa in provincia di Chieti e Gioia del colle in Puglia.

Nel 1939 altri allievi fanno il loro esordio, tra gli altri ricordiamo Francesco Versace, (flicorno contralto) che ancora oggi fa parte attiva dell’attuale gruppo bandistico cittadino. Altri bandisti che esordirono in quegli anni furono Gioffrè Vincenzo, (quartino) Gioffrè Annunziato, (corno) Versace Giuseppe, (corno) Dante Leone, (basso baritono)    Russo Cecè (tromba) Luigi Oriana (corno), D’Agostino. La caratteristica di questo gruppo bandistico era quella di essere composta per la maggior parte da artigiani tra i quali i più numerosi erano sarti, barbieri, falegnami, calzolai e muratori. Alcuni musicisti di valore come Fedele nel 1935 e Chillè nel 1948, emigrarono nelle Americhe e diedero vita a nuovi gruppi musicali.

Nei due anni successivi la fanfara della provincia di Reggio, si prese una bella rivincita sfiorando la vittoria sia nel 41 che nel 42 nel medesimo trofeo bersaglieri che si svolgeva come di consuetudine a Roma. Dopo tutti gli eventi che portarono l’Italia dalla caduta del Fascismo alla proclamazione della Repubblica, il gruppo bandistico bagnarese venne ricostruito e nel 1945 fece la sua prima uscita fuori paese per suonare a Scilla. Nel 1950,  grazie all’opera ed alla generosità del commendatore Mezzetti, la banda riacquistò vigoria e tono.  Egli finanziò la spesa per le divise della nuova banda cittadina che venne riordinata grazie all’impegno di alcuni musicanti come Francesco Gioffrè (Iocunalo), sotto la guida del maestro Francesco Alati, meritandosi per questo la nomina di confratello onorario dell’arciconfraternita del Rosario.

Con il passare degli anni il cammino del gruppo bandistico cominciò a farsi sempre più pesante, pressato dalla società in fase di trasformazione.

Intanto altri musicisti di notevole valore si affacciavano sulle scene, alcuni li vediamo nella foto, come Carmelo Sofio (tromba), che nel 1966 e per due anni dà vita ad un nuovo gruppo bandistico chiamato Risveglio Musicale. Da citare sono i componenti della famiglia Dato, e precisamente: Giovanni (clarino), Santino, Antonio (tromba), Vizzari Rocco (bombardino), Dato Antonio (solista trombone), Coletta Rosario (sax contralto), Cosentino Giuseppe (sax tenore), Cardone Carmelo (sax soprano), Dante Francesco, Inoculano (trombone), Cosentino Salvatore (trombone), Gioffrè Annunziato (corno), Morello Giuseppe (flauto), Militano Giovanni e Fondacaro Simone (Sax Tenore), per arrivare ai primi anni sessanta. Tanti altri musicisti contribuirono allo sviluppo ed all’affermazione del corpo musicale bagnarese, ma citarli tutti è impossibile.

Durante gli anni cinquanta, la banda cominciò lentamente ad essere sostituita da cantanti o comici. La televisione conquista il primato dell’informazione, avvicinando il mondo, la gente comincia a perdere l’interesse per la banda che fino a quel momento era, se non il solo, certamente lo strumento più importante di affinità tra i bagnaroti. Sparirono i servizi di palco, tantoché le due confraternite principali, Carmine e Rosario, smontarono i palchetti in ferro battuto adiacenti le rispettive chiese dove le bande si esibivano.

In poche parole, nel nostro paese “ le pietre smisero definitivamente di suonare “.

Il maestro Alati, oramai in età avanzata, lasciò il posto al figlio Vincenzo che la guidò fino alla fine degli anni settanta. Il nuovo maestro preparò una decina di ottimi allievi che completarono gli studi al conservatorio di Reggio Calabria.

Egli morì prematuramente colpito da un male improvviso lasciando la banda senza maestro.

A conclusione di questo lungo periodo di impegno e di amore che i bagnaresi hanno avuto per la musica, vorrei ricordare come, nonostante la rivalità dividesse quasi nettamente gli schieramenti dei Bianchi e dei Rossi, i giovani durante l’ora di pausa di mezzogiorno si esercitavano creando in tutto il paese un clima che oggi si può solo immaginare. Suoni di decine di strumenti accompagnavano il pranzo dei cittadini, e giorno dopo giorno si diventava più che bravi.

Oggi, appena un ragazzo dotato riesce un po’ meglio di altri suoi coetanei, lo si paragona già ad un grande e magari poi non viene curato dovutamente, perdendosi nel nulla. Negli anni venti, fare il solista a dieci anni, significava avere dietro le spalle almeno due anni di buon allenamento. Infatti molti ragazzi che all’epoca suonavano, sia per diletto, ma anche per arrotondare le misere regalie del mastro, dopo diventavano buoni maestri di banda. E’ il caso del maestro Sofio che in quegli anni abitava sopra la Sirena. Egli andava  “ o mastru pe scarparu,” ed ogni mezzogiorno si esercitava dimostrando già da allora la sua abilità e bravura. Suonava con la banda Bianca e spesso mentre si esercitava si sfidava con un altro promettente giovane musicista, Ioculano, che suonava con la banda Rossa. Egli, nonostante abitasse sul Corso, riusciva a dialogare con il suo strumento con Sofio, creando un duetto di abilità degno di musicisti d’esperienza.

Si usava lo strumento musicale come pretesto anche per farsi ascoltare dalla propria innamorata, dedicandole le canzoni d’amore dell’epoca, così come faceva un famoso bombardino che abitava a Porelli, e che all’ora di pranzo suonava le melodie alla sua amante che abitava al rione Arangiara.

Incorniciata quest’ultima parentesi, la storia della banda continua con altri rilievi ed altri interessi nonostante gli sforzi delle giovani leve.

Il sindaco di allora,  il Dott. Carmine Versace, preoccupato  per il vuoto  lasciato dalla scomparsa del maestro, consigliò il bandista anziano del gruppo che ricopriva anche la carica di segretario amministrativo, il Sig.Versace Francesco, di affidare la banda all’esperienza del professore Saffioti Salvatore che, dopo decenni di vita bandistica, si era dato all’insegnamento delle materie musicali prima alle scuole medie di Bova e San Giorgio Morgeto e poi a Bagnara dove occupava una delle due cattedre messe a disposizione dal comune per l’insegnamento musicale. L’altra cattedra era occupata proprio dallo scomparso maestro Vincenzo Alati. In quella scuola si formarono altri nuovi allievi.

La banda continuò ancora qualche anno sotto la direzione del Saffioti, il quale lavorava nel tentativo di rilanciarla ed affidarla al figlio del maestro defunto, Francesco, erede naturale della tradizione musicale bagnarese.

La banda, dopo che il prof. Saffioti per motivi di salute fu costretto ad abbandonare, si ritrovò ancora senza maestro.

La crisi della banda si accentuò ancor di più e Francesco Alati allora studente al conservatorio di Reggio Calabria suggerì agli amministratori di sospendere gli impegni per un rinnovamento dell’organico e la preparazione di nuovi allievi per   tenere alta la tradizione della banda e non sminuirne il prestigio.

Purtroppo l’imperversare delle manifestazioni e la oramai consumata arte dell’economia con la quale bisogna da sempre fare i conti, non collimarono con le esigenze di quello che doveva essere il nuovo maestro Alati, da sempre favorevole a mantenere alta la tradizione bandistica bagnarese. Così, non condividendo l’ipotesi della scelta economica a discapito di quella qualitativa, decise di abbandonare il gruppo musicale e di dissociare il nome di suo padre da quello della banda che nel frattempo aveva preso il suo nome. Al gruppo bandistico infatti era stato dato il nome di Vincenzo Alati.

Francesco Alati, primogenito di Vincenzo, diplomatosi al conservatorio di Reggio Calabria nel 1985 e vincitore di un concorso a cattedra, insegna oggi educazione musicale alle scuole medie di Bagnara dove ricopre anche la carica di vicepreside. Invogliato dal padre all’arte della musica, a nove anni fa la sua prima apparizione nella banda cittadina. Suona vari strumenti, tra i quali il sassofono, il clarinetto, il flauto. Nonostante il suo distacco dal gruppo musicale, persevera nell’impegnarsi anche con i suoi alunni, nel tentativo di creare nei loro animi l’amore per le tradizioni bandistiche della cittadina.

 Dopo una breve parentesi legata ad un pur volenteroso studente di conservatorio, Panuccio, che prese in mano le redini del gruppo, la banda vive oggi (fine anni ottanta) momenti di difficoltà nonostante la presenza di molti giovani talenti che purtroppo non vengono seguiti a dovere causa l’assenza di un nuovo maestro.

Autogestita dai musicanti stessi e ridotta ad un lavoro fatto solo di feste paesane e funerali, le prospettive future non presentano niente di entusiasmante.

Il suo destino, se le cose continueranno cosi, sarà purtroppo quello di un dissolversi tra l’indifferenza del paese tutto.

Eppure riuscì a riprendersi anche dopo la seconda guerra mondiale. Superò le crisi e le difficoltà degli anni sessanta e settanta cambiando più volte nome ed ottenendo la sponsorizzazione delle macchine da cucire Necchi.

Purtroppo sta chiudendosi anche questa pagina di cronaca. Di quello che fu il Gruppo bandistico bagnarese e poi il Gruppo musicale Francesco Cilea tra poco resterà solo un ricordo, ma finche’ resisterà l’ultimo baluardo, il Sig. Versace Francesco che da più di cinquanta anni ne vive le sorti, la speranza che qualcosa possa succedere è sempre viva.

Come ci siamo ripromessi all’inizio del capitolo la nostra storia si ferma agli anni ottanta con l’inizio della trasformazione della società; che rilega in secondo piano la funzione delle bande nell’evoluzione della società moderna e globalizzata, privilegiando altri mezzi di comunicazione, di svago, intrattenimento e culturali.

Alatibandebiancacalìorianarossasaffiotisofioversace
Comments (0)
Add Comment