La caccia al pescaspada

Video di Mariano Cacciola del 1972 sulla caccia al pescespada

Verso il 1955, era apparsa la prima “passerella”, adattamento sulla prua
del luntro, di un tavolato di circa 6 metri e largo 50 cm., sul modello delle
imbarcazioni nordamericane.

Ma non passarono che pochi anni che la configurazione dello scafo venne
rimodernata, o meglio, si progettò un nuovo modello, fatto con imbarcazioni
motorizzate di grandi dimensioni (da dieci a quaranta tonnellate) e
strutture metalliche in tutto lo scafo, che il noto documentarista FOLCO
QUÌLICI così descrive in un suo libro:
«Proprio osservando il mare da quello scoglio dissacrato, vidi per la
prima volta una flottiglia di barche per la pesca all’arpione dello
«spada»; erano scafi dalla prua prolungata con una passerella sospesa
per circa otto-dieci metri sul mare, «ponte di lancio» per l’arpionatore
che doveva esser sempre pronto a colpire una preda capitata a tiro. Sapevo
che quel prolungamento aveva dato il nome all’imbarcazione
(“passerella”) ma ignoravo, sino a quel momento, che quello scafo dispone[
va] di altre modifiche alla sua forma tradizionale, per favorire la
cattura della preda quando è di “passo” tra Scilla e Cariddi, vale a dire
all’imboccatura dello Stretto. La più importante è sistemata al centro
dello scafo dove non si alza il consueto «albero», ma un traliccio metallico,
sproporzionatamente lungo. Lassù si appollaia un uomo, sempre di
vedetta. (Quando lo vidi la prima volta, nell’abbagliante controluce di
quella sera estiva di Scilla, sembrava sospeso nel vuoto).

Anche in passato la barca degli «spadari» 92disponeva di un osservatorio
sopraelevato, un palo di legno anch’esso alto, ma certo non tanto quanto
l’attuale in metallo; aveva perni laterali, appigli sporgenti che permettevano
al marinaio-vedetta di arrampicarsi sino in cima, e avvistare
di lassù la presenza di un pesce spada» 93.
Questa passerella di nuova generazione era predisposta non più per la
pesca sottocosta, ma per il mare aperto, determinando, inesorabilmente,
non solo la fine dei luntri, ma anche la frantumazione della componente
sociale del territorio e l’inevitabile perdita di tradizioni millenarie!
L’acciaio presente dovunque nelle passerelle dà l’impressione che la
barca sia di una notevole solidità, ma il mare è talvolta “crudele”.
ANTONIO IANNÌ ci ha detto d’aver visto un’onda gigantesca schiantarsi su
una passerella, con una tale forza da rompere la barca in due pezzi,
scaraventando a mare tre cristiáni ‘persone’, salvate, miracolosamente, dai
pescatori di Bagnara!

Scrive SERGE COLLET, parlando della crisi che
affliggeva la pesca del pesce spada alla fine degli anni
Ottanta:
« (…) ma non è senza interesse sottolineare che la
rottura ha cominciato a manifestarsi quando i pescatori
calabresi, abbandonando gli insegnamenti degli anziani,
sono passati a dare una dimensione industriale
alla loro attività. Pescare sempre più lontano voleva dire
costruire dei pescherecci sempre più potenti e meglio
equipaggiati, dunque sempre più costosi; intensificare
lo sforzo di pesca e quindi le giornate di lavoro,
per ammortizzare i maggiori investimenti, proprio mentre la risorsa andava
diminuendo, e mentre questi stessi investimenti minacciavano la
riproduzione del pesce. Ad aggravare questa prima catena di contraddizioni,
va il fatto che il mercato resta sottoposto al controllo della mafia

Post Author: Gianni Saffioti