Tripodi Caterina (19 gennaio 1877-23 marzo1967)

<>

 

Figlia di Domenico e di Denaro Felicia, famiglia benestante di viticoltori e proprietari di immobili e terreni agricoli, nasce a Bagnara Calabra. Fin da piccola dimostra grandi qualità e doti che le valgono l’appellativo di bimba prodigio. Cresce con sani principi divenendo una virtuosa donna. Generosità d’animo, d’intelletto e di cuore illuminano l’essenza della sua onesta e laboriosa vita. Bella, alta e austera, di carattere intraprendente, affabile ma risoluto. Di carnagione olivastra, con occhi e capelli neri, tanto da meritarsi l’affettuoso nomignolo di “peij nira” (pelle nera). Nel mese di Febbraio, il giorno 2 dell’anno 1907 sposa Gregorio Cardone, prediletto figlio del nobile Francesco Antonio, fondatore e proprietario della rinomata e premiata fabbrica di torrone e altre specialità dolciarie. Da questa unione nascono il 20 Giugno 1902 Francesco Antonio e il 9 Novembre 1904 Carmelo. Dopo la prematura morte del marito  avvenuta il 12 Ottobre 1913 Donna Caterina, rimasta sola con i piccoli, si assurge e diviene matrona delle famiglie Tripodi-Cardone, ereditando la fabbrica  e le varie proprietà. Coadiuvata dalle sorelle Rosaria e Concetta, si prodiga così ad intraprendere la difficile avventura di imprenditrice dolciaria. Immediatamente decide di dare incarico ai diretti nipoti Tripodi la cura e la gestione di immobili, terreni e vigne che lascerà di seguito in donazione a loro. Chiude per eccessive spese di gestione la grande pasticceria Cardone in stile liberty arredata con splendidi cristalli di Boemia che si trovava al centro di Palermo in via Vittorio Emanuele II. Raggruppa le forze lavorative nella sede principale sita a Bagnara Calabra in via Malarbì n° 6, riuscendo così nel suo intento di conquistare, in poco tempo, ampi mercati nazionali ed internazionali, garantendo per altro il lavoro alle maestranze succedutesi per oltre quattro generazioni. Amplifica i rapporti e le relazioni con banche, istituzioni ma soprattutto con la numerosa ed affezionata clientela. Nei suoi impegni diviene anche socia fondatrice ed attiva azionista della Banca di Calabria. Tra le sue virtù eccelle la grande generosità manifestata dai continui aiuti economici a famiglie bisognose. Durante la seconda guerra mondiale si prodiga a ridimensionare la lavorazione dolciaria per dare spazio alla produzione di pane per sfamare la popolazione. Ha sempre svolto in prima persona tutti gli onerosi incarichi necessari al buon funzionamento dell’attività: tratta con le banche, acquista le materie prime, controlla la produzione, s’interessa alla clientela. Il che le fa guadagnare l’appellativo di autentica Donna con gli attributi maschili. Generosamente e con affetto elargisce giornalmente a tutti i suoi dipendenti sigarette, liquori e dolciumi che offre in vassoi o direttamente dal grembiule (faddale). A fine campagna natalizia per ringraziare gli operai del lavoro svolto, li omaggia di doppia paga e grandi guantiere di dolci. In un incontro con Mussolini a Roma presso le ampie sale di palazzo Venezia, il duce, complimentandosi e tamburellando con la mano destra sul suo capo, l’apostrofò con la breve, incisiva e storica frase: “se tutte le donne d’Italia fossero come te…”. Confortata dal figlio Carmelo e i nipoti Cardone, Donna Caterina muore nella tarda mattinata del 28 Marzo 1967 tra le braccia della sua adorata nipote Caterina. Oltre agli immobili e all’azienda, lascia l’essenza di quei valori che hanno illuminato la sua intensa e fulgida vita con i quali gli eredi si sono giornalmente nutriti. Ancora oggi, dopo tre generazioni, lo spirito di Donna Caterina continua ad aleggiare sulla Fabbrica Cardone essendo lei riuscita a tramandare, oltre ai premi, i brevetti, le tecniche di produzione, la sua grande e mirabile capacità imprenditoriale. Vera  “fimmina bagnarota” merita a pieno titolo di essere annoverata oltre che fra le illustri personalità della dinastia Cardone, anche come figura di donna dell’Italia del ‘900.

La preparazione del torrone di Bagnara ebbe inizio durante l’epoca del Viceregno Spagnolo intorno al 1690-1695, durante cioè i governi di don Francisco de Benavides, IX Conte di Santisteban (meglio noto come Conte di Santo Stefano) e don Luis Francisco de la Cerda y Aragòn, Duca di Medinaceli.

Al seguito delle varie guarnigioni spagnole che presidiarono il Forte-Castello di Bagnara, giunse qui una nobildonna, nota come donna Amalia de Cardones, dedita da fanciulla all’arte culinaria e soprattutto alla preparazione di dolci tradizionali. Uno di questi dolci risaliva alla tradizione araba diffusissima fra le città di Siviglia, Cordova, Valencia, Granada e Toledo durante la dominazione araba in Spagna e successivamente incorporata nel costume culinario spagnolo.

Era il torrone.

La novità attecchì soprattutto per merito dei Rev. Padri Domenicani, presenti a Bagnara dal 1582; orientarono alcuni panettieri e dolciari, verso la preparazione di questo dolce, di ottima qualità per gli ingredienti adoperati: miele di zagara e mandorle, ingredienti sui quali loro avevano un dominio pressoché assoluto in Calabria, per via dei possedimenti siciliani che detenevano e sapientemente sfruttavano dal punto di vista commerciale.

La specialità che meglio si focalizzò fu un preparato da loro definito “Martiniana” (torrefatto scuro ottimo se di qualità ottime erano – e sono – le mandorle).

La economicità solo locale del torrone si allargò a metà dell’Ottocento, per merito di un valente mastro pasticciere, estremamente rigoroso nel rispetto della selezione dei materiali e nel processo di lavorazione del dolce, ricevuti da suo padre: don Francescantonio Cardone. Adesso i vapori che caricavano sporte e coffe, imbarcavano anche casse di torrone con destinazione il Mediterraneo.

Su questa linea di osservanza quasi religiosa dei processi di lavorazione, si inserì la giovane Caterina Cardone, che riuscì a potenziare la lavorazione nella piena e totale osservanza della qualità degli ingredienti, affinando il rapporto di partnership coi produttori agricoli siciliani e gli allevatori della Provincia Reggina, a loro volta assurti ai vertici italiani per la qualità di miele prodotto. Ma il segreto di donna Caterina Cardone risiedette nell’abilità a gestire il personale di laboratorio, composto soprattutto da giovinette sulle quali ella riversò le sue amorevoli cure, trasformando la febbrile fabbrica in una grande e giocosa famiglia, entusiasta del lavoro che produceva.

Nel 1869 la Principessa Margherita di Savoia, nel suo lungo soggiorno a Napoli, aveva messo alla luce Umberto. Seppe di questa prelibatezza Bagnarota e se ne ricordò quando divenne Regina. Verso il 1880 le giunse da Bagnara dai Cardone, un omaggio particolare: una guantiera di raffinati biscotti che alla Regina Margherita piacquero moltissimo. La Corte ne ordinò da lì in avanti periodicamente e l’usanza si trasmise fino a Vittorio Emanuele.

Il torrone di Bagnara e i biscotti Margherita, ebbero per lunga pezza il sopravvento persino sull’ottimo torrone piemontese.

Da allora, il torrone di Bagnara lievitò d’importanza e le esportazioni incrementarono in modo esponenziale, ma donna Caterina mai perse la semplicità di un tempo, poiché sentì sempre come vivido e vero, il sentimento di piena e totale dedizione al lavoro e al risultato di esso.

La grande industria dolciaria bagnarota, oggi ancora famosa in tutto il mondo e premiata per la qualità del prodotto, ebbe in donna Caterina Cardone l’artefice principale: una donna che anticipò i tempi per l’organizzazione del lavoro che seppe creare e la rigida norma aziendale, ancora oggi all’avanguardia nel mondo nell’industria che conta: quel che è importante non è la massificazione dei profitti, ma il consenso dei consumatori, poiché in tale maniera, il profitto ne è la conseguenza legittima.

 

Post Author: Gianni Saffioti