Sentiero del monte Cucuzzo, articolo della prof. C. Barilaro

 Sentiero del monte Cucuzzo, articolo della prof.ssa C. Barilaro

Estratto dalla pubblicazione Il capitale culturale, studi e valutazione del patrimonio culturale, n. 16 del 2017

Il paesaggio italiano raccontato

a cura di Sara Lorenzetti e Valeria Merola

 

Breve sintesi di un percorso  storico geografico antico di un sito mai valorizzato a dovere e sempre malamente considerato. Poche righe per dire che un luogo prima di ogni cosa è storia e cultura e non solamente un punto geografico. Quando si attraversa il sentiero che dalla riva del mare porta in cima al monte Cucuzzo lo si può fare in due modi, conoscendo la sua storia o non conoscendola.

In queste poche righe si condensa l’essenziale per avere un’idea, certo si potrebbe scrivere un libro in proposito ma vale il senso e la logica e soprattutto lo spazio molto stretto della prestigiosa rivista su cui è stato pubblicato.

L’articolo si riferisce all’itinerario color rosso. Tra i tanti sentieri per raggiungere la cima di cucuzzo, quello celeste del Canale e quello verde dei Tubi (sconsigliati entrambi per la pericolosità). Altri modi più semplici per raggiungere la cima del monte è arrivare in macchina da Solano inf. e poi fare l’ultimo tratto a piedi scendendo per il sentiero di San Luca che apre altri orizzonti e vedute su altri bei luoghi della zona.

Negli anni 80 alcuni ragazzini esperti dei luoghi ci arrivavano in mille modi diversi anche scalando la roccia, chi governava le capre e le liberava in quei luoghi conosceva tutti i sentieri del boschetto sotto adiacente.


Articolo

Caterina Barillaro professore di Geografia all’università di Messina

Itinerari culturali nell’area dello Stretto di Messina sulle orme dell’Horcynus Orca di Stefano d’Arrigo

Sentiero Monte Cucuzzo

L’itinerario si sviluppa lungo un sentiero utilizzato un tempo dai contadini di Bagnara per raggiungere le proprie vigne, presenti lungo tutti i versanti che digradano dai piani dell’Aspromonte, e che rappresentava anche una delle principali vie di comunicazione con i paesi aspromontani, dove si recavano le “bagnarote” (le donne di Bagnara) per vendere e barattare i propri prodotti. La morfologia del versante lungo il quale si sviluppa il sentiero è tale da consentire lo sviluppo di forti correnti ascensionali, utilizzate dai falchi pecchiaioli per risalire di quota dopo aver attraversato lo Stretto e anche dai praticanti di parapendio. Il sentiero si snoda lungo un versante terrazzato, nella cui parte inferiore sono ancora presenti alcuni vigneti in parte ancora coltivati, mentre la parte superiore è coperta da boschi a castagni, che venivano periodicamente tagliati per fornire le fabbriche della zona. Le falegnamerie, producendo ceste, panari, sparrazzi e gabbiette, alimentavano un’attività economica che costituiva una delle principali fonti di reddito delle famiglie locali e incrementava un indotto che consentiva ai pescatori di colmare i vuoti di pesca, attraverso il trasporto, con le loro barche, dei manufatti sui bastimenti ancorati sulla costa e diretti a Israele e in Spagna.

 Le armacìe della Costa Viola, il più meridionale dei grandi sistemi terrazzati della Penisola, si sviluppano con acclività accentuate lungo un tratto costiero di venti chilometri, da Palmi a Scilla. In un contesto di densa rinaturalizzazione, resistono circa duecento ettari dedicati alla viticoltura (erano seicento nel 1929). Tra i sistemi di allevamento delle viti, è ancora attivo quello della pergola alta.

 

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Tutte le foto sono del 23 agosto del 2015, scattate da C. Morello. C. Versace e G. Saffioti.

 

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In cima il piacere di provare a fotografare una libellula.

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Post Author: Gianni Saffioti