“Notturno italiano” di Lucio Villari (Laterza, pp. 204, e 16)

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È un’intera parabola storica quella che si respira nel volume “Notturno italiano” di Lucio Villari (Laterza, pp. 204, e 16). L’opera è centrata sugli anni di trapasso fra il XIX e il XX secolo. Fin dal sottotitolo, l’esordio del Novecento viene definito “inquieto”. Villari associa il lettore a “un tempo drammatico” per l’Italia e l’Europa, a un'”atmosfera di attesa e di profezia”. La sua trama parte dall’ultimo quarantennio dell’Ottocento, che segnò l’epilogo degli ideali patriottici, con la “prosa” che seguiva alla “poesia” dell’Unità. Poi la narrazione si tinge, volta per volta, di entusiasmo o di incubo.

C’è un tempo interessante della nostra storia che può essere rappresentato in modo perfetto dai due decenni che concludono e aprono due secoli. È il tempo di una attesa trepidante di ‘cose’ nuove, e di sotterranei, incerti sentimenti, non solo individuali, dell’ignoto. Il groviglio più inestricabile della storia moderna che lambisce ancora il nostro presente. Notturno italiano ripercorre momenti e idee di quegli anni intensi le cui immagini più vere paiono quelle che solo una contemporanea invenzione, il cinema, ci restituisce nei movimenti incerti, nei fotogrammi nebbiosi e anomali dei primi documentari e nei primi film di invenzione. Quella approssimazione dinamica e disordinata di oggetti e soggetti, di gesti esagerati e di volti troppo espressivi, di paesaggi autentici o inventati, suggerisce l’idea di un mondo diverso, che dovrebbe essere più vicino al nostro e che invece appare lontano. Eppure è proprio l’ultimo decennio dell’Ottocento ad aprire la storia italiana alle vicende di tutto il mondo occidentale. Sono anni di certezze, come se il secolo che si chiudeva stesse realizzando i sogni e i miti di tutti i secoli precedenti in una modernità energica e inarrestabile, di ricerche scientifiche severe, di economie libere e aggressive, ma con qualcosa di infido e di inquieto. Le parole ‘progresso’ e belle époque non bastano. I lampioni dell’Ottocento danno ormai una luce fioca e l’Europa, la sua cultura, la sua borghesia, i suoi lavoratori cominciano a disincantarsi. Serpeggiano sensi nuovi di libertà e quel fastidio per la subordinazione che sarà la dimensione del Novecento. Notturno italiano è una lettura meno lineare e scontata della nascita della modernità in Italia e dell’ambiguità del suo crepuscolo.

Lucio Villari è professore di Storia contemporanea all’Università di Roma Tre. È autore di volumi e saggi su cultura, politica, vita sociale in Europa e negli Stati Uniti dal Settecento al Novecento. Collabora alle pagine culturali e a iniziative editoriali di “Repubblica”. Il libro Notturno italiano è articolato in sei capitoli:  I. La materia ha un’anima? II. Tempi moderni. III. Audaci imprese e piccoli affari.  IV. Un pianeta, due ellissi.  V. Natura ribelle e estetica della libertà.  VI. I volti del nemico. Il saggio storico fotografa pensieri, eventi, riferimenti ad opere e autori dell’Ottocento e dei primi dieci anni del Novecento. Questi sono anni inediti, caratterizzati da ideali, sentimenti, orizzonti certi perché -come dice l’autore- “C’è un tempo interessante della nostra storia rappresentato dai due decenni che concludono e aprono due secoli. È il tempo dell’attesa trepidante di cose nuove e di fiduciosi sentimenti di un avvenire quasi solare. È il «progresso», ormai visibile, che crea una strana simmetria tra il tramonto dell’Ottocento e l’alba del Novecento. Sono venti anni frementi di modernità, di creativo disorientamento, di inquietudini morali, politiche, letterarie, religiose …” L’autore fa comprendere come l’Italia tra ‘800 e ‘900 sia stato l’unico paese dell’Europa ad essersi rinnovato spiritualmente e politicamente attraverso lunghi decenni di battaglie per la libertà. Le tre guerre d’indipendenza hanno fortificato l’ideale del patriottismo tipicamente ottocentesco, ideale che diventa di tipo nazionalistico nel nuovo secolo del Novecento. Il nuovo secolo apre le porte a pensieri e sentimenti rivoluzionari e vede Marinetti, nel 1909, pubblicare il Manifesto del Futurismo e, dieci anni dopo, le stesse idee del Futurismo sono in sintonia con le ideologie di Marx ed  Engels. Marinetti non fu solo l’anticipatore di una nuova vitalità, energia, coraggio, ma è il cultore di quella che è chiamata “filosofia dell’azione”, volontà nelle idee che diventano azioni, coraggio, partecipazione. La nascita delle Olimpiadi moderne è espressione dell’energia individuale che diventa collettiva, rappresentata  nell’Arte della guerra. Il desiderio di  azione, in questo periodo, si insinua anche nel mondo ecclesiastico, alcuni spiriti più sensibili del mondo ecclesiastico avvertono che un vuoto vi è negli animi che va colmato, un vuoto di fede e di ideali … Di qui la ricerca di nuove vie, l’esigenza di nuove sintesi: la crisi modernista ha origine anche da questa volontà di offrire una risposta a chi, in un momento di smarrimento, è alla ricerca di una nuova fede. Un mondo in movimento nel pieno della rivoluzione della modernità, che vede negli ideali romantici un prosieguo delle idee risorgimentali di libertà e unità. L’economia e l’industrializzazione del secondo Ottocento raggiunge importanti conquiste -ricorda Lucio Villari- come l’inaugurazione del canale di Suez del 1869. Con Suez le vie dell’Africa e dell’Estremo Oriente, le antiche vie delle spezie e delle sete, si aprivano a ben altre carovane e a più numerose merci. Il fascino del mondo esotico accarezzava sempre più le menti degli industriali attraverso  l’apertura dei commerci e la concorrenza tra gli stati europei,  ma anche nelle arti e nella musica, come nell’opera Aida di Giuseppe Verdi, si  comunica il desiderio di luoghi lontani, ricchi di storia, di miti, di Oriente. L’aspetto poetico dell’avvenimento Suez è messo in ombra dalla crisi finanziaria del 1873, che fa emergere una crisi del capitalismo europeo e la barbarie del colonialismo di volersi imporre in Africa, più che con l’arte e la poesia, con i commerci e con le cannoniere. L’Italia postrisorgimentale aveva compreso che la frammentazione degli Stati aveva indebolito la propria economia, la propria forza sociale e che lo sviluppo delle  infrastrutture in tutto il paese era un passo necessario. Da qui, in Italia, l’avvicendarsi tra destra e sinistra storica; i tentativi dei vari governi di sostenere una modernità, più che di ideali romantici, di reali politiche di sviluppo; le ideologie socialiste di Labriola fanno emergere il materialismo e l’azione, il socialismo e il futuro, la materia e l’anima; l’azione sociale del movimento dei lavoratori cerca un volto e un’anima e la cultura ne anticipa i caratteri. Gli anni della Belle Epoque, l’evento culturale che ufficializza l’esistenza di un nuovo stile architettonico, chiamato Liberty, rappresentati da una estetica della libertà, trascorrono in un artificio di parole, di idee, di stupore per le scoperte coloniali, per le macchine e per le invenzioni scientifiche e tecnologiche. Il periodo della storia europea compreso tra il 1870 e il 1914, data di inizio della prima guerra mondiale, è  “un’epoca bella” per l’eccezionalità dello sviluppo civile, economico e culturale. Durante la Belle Epoque la tecnologia liberò tutte le sue potenzialità, esercitando una straordinaria forza di attrazione culturale e psicologica. Parigi, più di altre, fu la città-vetrina di quel nuovo mondo, divenendo la capitale europea del turismo e dei consumi, degli spettacoli e dell’arte, della cultura e della scienza, dello sport e della moda. Per questo fu anche la capitale della Belle Epoque, con tutta la variegata gamma delle sue espressioni, dai fenomeni di costume sociale (i caffè concerto, le gare sportive, le corse automobilistiche, i voli in aeroplano, i grandi magazzini) a quelli dell’espressione artistica (il teatro, l’opera, il cinema dei fratelli Lumière, la pittura degli impressionisti). L’eccezionalità dello sviluppo civile, economico e culturale vissuto così intensamente dagli europei in un lungo periodo di pace e prosperità, preannuncia la prima guerra mondiale in Europa. Il 1914 segna la fine di un’epoca di pace e di splendore e con essa la fine di un sistema di vita, di un modo di vivere, di un mondo. Il primo conflitto mondiale ha rappresentato il grande spartiacque della storia moderna.

Post Author: Gianni Saffioti