Eterna primavera nell’antica Bagnara

di Domenico Capomolla

Una vasta siepe: la marina; punta Faro; punta Milazzo e il mare; Vulcano e una piccola striscia luccicante; Lipari oblunga e il mare; le Saline con Panarea e il mare lucente azzurro intero; Stromboli, il gran cono elevato dalle acque che sembra voglia inabissarsi, ed il mare; lontano Capo Vaticano e più vicino Sant’Elia ferrigno.

E la vasta distesa di acqua salmastra, con lievi corrugamenti ove si specchia ancora chiaramente, con nitore favoloso, Scilla che appare come un’aquila protendendosi coi rostro sul castello dirupato.

Nuvole bianche, tepide, calme.

Regna eterna primavera in questa antica Bagnara, anche nel meriggio di gennaio. Ed il monte inebriato di vigneti assolati e frustati dal vento e dalla pioggia e dalla brezza marina, chè il mare bagna i suoi piedi e la sua rena sa di vino e di pesche, di fango e di vertigini.

Poi la strada Nazionale, la diciottesima, quella che s’innesta all’Appia imperiale: costruita sul terreno regalato da questa gente parca e laboriosa, offerto perchè fiera del proprio animo.

Allora solo i carri sostavano su questa strada. Poi quando il motore ruppe la bellezza del silenzio, l’incanto della solitudine, la dolcezza della tranquillità, i vecchi di questi villaggi, allora bambini, rincorrevano e sorpassavano le prime macchine che avevano l’ardire d’iniziare l’erta salita.

Passò di qui Garibaldi e sostò vicino al Monte: da pochi annì è morto un vecchio che lo seguì fin lassù, bambino ancora, e d’allora nella frazione di Pellegrina venne chiamato Peppe Garibaldi.

Strada accostata, sopraelevata, minacciata, ostruita, aperta, affiancata da case vecchie e nuove, continue ed isolate, basse ed alte, che fanno ala armoniosa a questo nastro bianco in mezzo al verde, sempre verde e nuovo.

Questo da un terrapieno: e tutta l’ospitale Bagnara che si stende sotto gli occhi, casa per casa, strada per strada, segreto per segreto. Le sue monumentali chiese la confinano in piazze deserte ed appartate, vivide di luce e di sole. Ed intorno ondeggianti e freschi boschi, vigneti fragranti e ginestre che in primavera indorano le campagne e le strade,

A destra il Malopasso limpido dalle chiare sorgive che rìstorano gli assetati, a sinistra lo Sfalassà turbolento, industriale che dà moto e luce.

Sono vicino alle acque termali sotterrate dal tempo e vedo l porto di Oreste, trincerato ora dai chiusi dei campo sportivo, animato dal ticchettio di giovani in corsa che da quassù appaiono come piccoli omini.

La sera!? Oh, la sera dì questa cittadina! Miriadi di luci, come lucciole vicine, ed un ammasso di stelle solcato da nuvole bianche!

In fondo le onde mormorano alla brezza che sembra accarezzi la trina che si disegna indefinita sul lido fresco.

La luna limpida immerge in un vasto chiarore il mare, la terra, il cielo, gli scogli irti ed ombrosi, le barche, i remi, la spuma del remo d’argento che scava un solco per il granello incessante d’ogni stilla di, mare.

Tutto’è magnifico. Nel cielo Cassiopea è lontana, in mezzo alla luminosità delle stelle intorno ed al richiamo di Vega, tra la chiara nebbia della Via Lattea.

La bellezza di questa notte bagnarese sembra voglia inabissarsi in un bagliore di argento, in un incanto di luci, in una festa di chiarore!

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Post Author: Gianni Saffioti