Chi mi ti cianginu ddu bagnaroti

Chi mi ti cianginu ddu bagnaroti

 

Questa espressione viene ancor oggi usata, anche se raramente, quasi esclusivamente fuori paese, per augurare il male estremo a qualcuno.

Mariano Cacciola ricorda come era comunemente usata nel comune di Scilla durante le liti o i battibecchi tra persone per motivi tra i più comuni. Il prof. Michele De Luca conferma che il detto è comunissimo anche nei paesi della piana e un po’ ovunque dove le bagnarote erano conosciute.

Ma da dove arriva questo detto così cattivo?

Tra i mille mestieri e servigi che le bagnarote svolgevano, c’era anche quello delle ciangende, per le quali erano delle vere e proprie professioniste. Assieme alle pizzitane erano senza dubbio le più ricercate in tutti i paesi dove c’era la necessità di piangere, a pagamento, un defunto.

Le bagnarote che sapevano fare questo mestiere erano chiamate, quasi esclusivamente da gente benestante, anche in altre cittadine dove appunto, in casa del defunto prima del funerale, sedute vicino alla salma ne tessevano le lodi con animo accorato, al limite della disperazione, cosi come si usava fare di rito fino agli anni 70. Esse, dopo essere state istruite dai parenti della persona scomparsa, cominciavano una lagna, tipo cantilena, dove si immedesimavano così bene nella recita che passavano in maniera naturale, nell’esaltazione del momento, a fasi calme quasi come preghiere, a pianti disperati tali da straziare i cuori delle numerose persone che assistevano alla scena.

Tornando al nostro detto, quando nelle liti la cattiveria toccava l’apice dello scontro, l’augurio più cattivo che si potesse fare all’avversario era quello di vederlo morto senza essere pianto da nessun famigliare, ovvero morire da solo. Da qui  il detto di essere pianto da due bagnarote. Il motivo del due sta che una non poteva reggere ore e ore di cosi gravoso lavoro e quindi erano almeno in due in modo da potersi riposare dandosi il cambio.

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Post Author: Gianni Saffioti