A Bagnara s’è fermato lo sguardo di Dio, articolo di Franco Cipriani del 1949

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Devi scendere dai piani della Corona per goderti Bagnara. Ti vien voglia di fermare la macchina sulla strada, in cima, e di fartela a piedi fin giù al paese, lentamente. Allora sì che gusti questo spettacolo d’incanto come se t’affacciassi ad una enorme finestra. Più cammini e più ti sembra di non arrivarci mai.

La cittadina è linda davanti al suo mare. Sulla spiaggia vi son le reti stese al sole e barche, barche messe in fila. Le onde tentano di raggiungerle, di sfiorarle come gioco d’amanti, ma non ci riescono. Qualche volta il mare s’infuria, diventa prepotente ed allora sì, le raggiunge, ne avvinghia qualcuna, la contende ai pe­scatori, mentre ovattati dai rumori della tempesta s’odono i rin­tocchi della chiesetta  del ‘700 schiacciata da secoli sulla rena.

Un’antica chiesetta questa, tutta dei pescatori, che sfidò le ire dei terremoti del 1783 e del 1908 e che ora è stata elevata a parrocchia perchè il rione Marinella dove si trova tra qualche olivo e qualche pianta di fichi d’India, ha aumentato e continua ad aumentare il numero dei suoi abitanti.

Su questa zona del Tirreno lo sguardo di Dio s’è soffermato e, da Scilla sino a S. Elia, tra le colline dove l’uomo ha costruito terrazze a picco per strappare alla terra i suoi frutti più belli, ti pare di vedere un mondo piccino dove i. trèni elettrici, come giocattoli, sfrècciano silenziosi ora per comparire ai tuoi sguardi

ora per farsi divorare dalle fauci delle gallerie che sono nere e cariche di questi misteri che tenebre eterne non svelano mai.

Il     monte di S. Elia, il faro dello Stretto, le Eolie, tutti guaradano a Bagnara, perchè Bagnara è bella e benedetta.

Il ponte che si percorre tre volte

Quando nel settembre del 1943, tentando con ogni mezzo di ritornare alla mia città, appresi che le arm4te anglo-americane erano sbarcate sulla spiaggia di Gallico e che avanzavano lenta­mente verso il Nord, io pensavo a Bagnara. Pensai sopratutto a quel suo ponte altissimo che si percorre tre volte, mentre il cuore mi diceva che quell’imponente opera sicuramente non era stata risparmiata dalle retroguardie germaniche in ritirata. Cosa faranno gli invasori per. rimettersi in cammino sulla strada che s’inerpica verso i piani della Corona? Distruggeranno il Castello?

Stetti con queste apprensioni finchè qualcuno che dal Sud an­dava al Nord mi disse che il Genio americano aveva risolto ogni cosa riallacciando la strada dopo aver sventrato qualche casetta e qualche terrapieno. li castello era stato sfiorato dalle potenti macchine aduse a sventrare le rocce. Questo castello io l’ho rivisto nei giorni scorsi. Erano con me i colleghi della stampa allo scopo di compiere tutti un sopraluogo proprio là dove ora dovrà sorgere l’albergo del turista. Un albergo fatto di bellezze antiche davanti alle pittoresche bellezze di Bagnara: un “S. Domenico” in minia­tura dove tutto sarà armonia. di arte divina e umana.

Il castello <Emmarita> visto dalla strada nazionale non ti pare tale. È senza torri,. senza ponti levatoi, senza bastioni, non ha mura di difesa nè feritoie. Ti sembra una casa come tutte le altre anche se guardandola verso l’alto ti mostra la sua merlatura. Quando vi penetri nell’interno e scendi tin giù ai sotterranei dov’è la roccia a sostenere il fabbricato e dove le. mura sono larghe. cinque

metri e qualche finestruola attraverso la quale l’azzurro del cielo ti compare a fette, ti pare d’udire io sferragliare di catene e i passi di guerrieri. Fantasie, soltanto fantasie, che è solo la storia a ricordarti che il castello era tale fin da un secolo e mezzo fa. Tra la roccia presto vi sarà un’artistica cappella e dalle ombre consacrate dal progresso e dall’evoluzione saliranno al cielo il salmodiare e gli inni dei fedeli rivolti a Dio.

Il castello fu fondato dal conte Ruggero, capo della spedi­zione normanna in Italia – questo ci dice la storia attinta dai documenti giacenti presso la biblioteca della Corte di Napoli; una storia che si perde con le vicende della Casa Ruffo – e fu fortezza contro le incursioni di quei saraceni che, nel 1805, avevano dato l’assalto a Nicotera. Accanto ad essa, lo stesso conte Rug­gero costruì l’antica regia abazia di S. Maria degli Apostoli, il cui Abate, che apparteneva all’ordine agostiniano, venne investito dei poteri feudali. Nel I100 il nipote dello stesso conte Ruggero, di­venuto duca di Bagnara, rese più grande la fortezza elevandola di un altro piano onde fare abitare i membri della corte. Da allora in poi il castello rimase proprietà del re di Napoli e, nel XIV se­colo, la regina Giovanna lo cedette in enfiteusi al principe Ruffo di Calabria.

La cittadinanza di Bagnara attende fiduciosa che il governo si appresti celermente ad assecondare le fatiche di quelle autore­voli persone che intendono confermarle il suo primato turistico e non s’impelaga, non vuole impelagarsi, in inutili retoriche. Essa in­via soltanto a tutto il mondo un invito appassionato: ” Venite a Bagnara, venite a rimirare le stupende pennellate che Dio ha dato al nostro mare e al nostro cielo; venite a godere il calore del nostro sole, a respirare l’aria della ginestra e dei gerani.

 

Post Author: Gianni Saffioti