Il leone di Caprera, barca di Vincenzo Fondacaro fotografata al museo della scienza e della tecnologia nel 2014

Vincenzo Fondacaro: l’intrepido marinaio

di Domenico Gioffrè

“…Se vi recate in Calabria, a Bagnara, non domandate chi era quel Vincenzo Fondacaro a cui, sul corso, in una piazzetta appartata con aiuole e alberi ben pettinati, è intestata la stele di marmo nero che, simile a prua di antica nave, si alza dallo scafo di una stretta e bassa vasca rettangolare e reca in alto, col suo nome, una data: 1881 e il motto latino: Audere semper. Vi sentireste rispondere era un «matto»!…” Così scriveva nella seconda metà del Novecento lo scrittore Romarin, nell’introduzione al suo libro “L’Allegro Capitano Vincenzo Fondacaro”.

Ma chi era Vincenzo Fondacaro? Brevemente ripercorriamo i punti salienti della sua vita. Vincenzo Fondacaro, nacque a Bagnara il 3 marzo del 1844 in una casa del vecchio rione Calcoli in mezzo ai grandi giardini coltivati a frutta ed attraversati dal torrente Sfalassà. Pur essendo di umile origine realizzò il suo sogno di navigatore, imbarcandosi sulle navi mercantili inglesi. Per quindici anni il praticantato lo portò da costa a costa ottenendo il 24 maggio del 1876, grazie alla flotta inglese, il patentino di Capitano di Lungo Corso della Marina Mercantile Britannica. Per innalzare il nome della marineria italiana, notevolmente intaccata nell’onore dopo la sconfitta di Lissa, decise di intraprendere un’impresa eroica: attraversare l’Oceano Atlantico da Montevideo a Las Palmas, su un’imbarcazione da lui costruita di appena nove metri. In omaggio ai successi di Garibaldi, chiamò il burchiello “Leone di Caprera”. A tale impresa presero parte due marinai italiani: Orlando Grassoni di Ancona e Pietro Troccoli di Marina di Camerata (Salerno). Gli impavidi avventurieri raggiunsero Buenos Aires dove avrebbero trovato i fondi per attraversare l’Oceano Atlantico. Nonostante i diversi ostacoli e proprio quando sembrava vana l’impresa, ritornarono a Montevideo dove trovarono un finanziatore che mise a loro disposizione quanto era necessario per l’impresa. Domenica 19 settembre del 1880, il Leone di Caprera, 9 m per 2,30 m, per 1,60 m, con una stazza massima di tre tonnellate e mezzo, salpò da Montevideo sotto lo sguardo curioso di migliaia di persone che affollavano i moli del porto. Dopo un viaggio emozionante e incredibile, l’imbarcazione di noce giunse a Malaga in Spagna dove una folla plaudente attendeva gli impavidi marinai all’entrata del porto. Il 10 febbraio 1881 i tre giunsero a Castello di Farro dove il Leone di Caprera, avendo esaurito le vettovaglie, fu portato a terra. Il 26 maggio la barca venne issata a bordo del vascello inglese “Quinto” che si diresse a Livorno dove ormeggiò il 10 giugno. Il rientro di Vincenzo Fondacaro a Bagnara fu salutato trionfalmente dall’intera cittadinanza. Desideroso di intraprendere nuove avventure e ricevere più alti onori, il capitano Fondacaro progettò la traversata da Buenos Aires a Chicago. Dopo anni di idee e progetti, con l’aiuto del governo argentino, armò una seconda imbarcazione cui diede il nome di “Cesare Cantù” in omaggio ad un suo carissimo amico. Tale imbarcazione fu messa in mare nel marzo del 1893 e trasportata a Buenos Aires. Con tre nuovi compagni d’avventura, valenti marinai di Bagnara, Vincenzo Sciplini, Pasquale Carrisi e Vincenzo Galasso, prese il largo per Chicago il 30 maggio del 1893. La stampa italiana esaltò tale impresa, sprigionando parole d’ammirazione per il Fondacaro. Il “bagnaroto”, non veniva più considerato un pazzo capriccioso che per desiderio di grandezza sfidava la sorte, ma un uomo che per coraggio vinse l’Atlantico e i limiti personali. Riferendosi al Fondacaro, il “Corriere della Sera” usava queste parole: “Le imprese condite di audacia e bizzarria continuano a far camminare il mondo e a far progredire l’uomo”. Nell’ottobre del 1893, una forte tempesta nell’Oceano poneva tragicamente fine alla mitica impresa del capitano Fondacaro e dei suoi compagni d’avventura. In effetti l’equipaggio salpò dal porto di Chicago, per affrontare il viaggio di ritorno, ma nulla più si seppe dei quattro bagnaroti che vennero ingoiati dai flutti del mare. Si diffuse allora la diceria che alcuni avversari, invidiosi del loro successo e per non saldare una grossa scommessa in caso di buona riuscita dell’impresa, si sarebbero adoperati per sabotare l’imbarcazione facendola affondare nell’ Atlantico. A Vincenzo Fondacaro, la cittadina ha dedicato un monumento a forma di stele posto in piazza Marconi e realizzata dallo scultore Carmelo Barbaro su progetto dell’architetto Albanese. Negli ultimi anni è stata impressa sul monumento un’effige in bronzo raffigurante il navigatore solitario opera di Carmen Potortì. Nel 1962 il cavaliere Marcello Iannì, ufficiale della marina italiana, pubblicò una descrizione critica dell’impresa di Vincenzo Fondacaro, attingendo dal racconto che il navigatore stesso aveva minuziosamente fatto durante tutta la navigazione.

Bibliografia Romarin, L’allegro capitano Vincenzo Fondacaro, edizioni Parallelo 38, Reggio Cal. V. Fondacaro, Dall’America all’Europa: viaggio attraverso l’oceano, Galzerano avventura. Archivio Storico Fotografico Bagnarese, I personaggi bagnaresi:Vincenzo Fondacaro, Bagnara Calabra.

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