Bagnara
Di Vincenzo Caratozzolo 1949
Come leggiadra Najade sul molle
divo d’ ameno sito si distende
fertile, aprica e a’l mare digradante,
terra ospitale.
Cinta di gemme fulgide la fronte,
I’ effluvio effonde a l’ubere convalli,
copia fragrante pompa di verzura
lussureggiante.
Salve, Ba nara! i circostanti colli
lieti dell’ opre umane, dure, audaci,
folti di boschi e floridi vigneti
ti fan corona.
Freschi lavacri a te da l’Appennino
aspro, imminente, balsami lustrali
d’acque sorgive ed alcaline e terse
versano i rivi,
lenti a la valle, mormoranti come
villici canti de le tue formose
contadinelle in festa, sparse sopra
balze e colline.
Cerulo il mar Tirreno in faccia s’apre
di pesca gion fe race, e a’l pesce spada
sponda diletta, che la pittoresca
spiaggia ti lambe.
La de cantata spiaggia e la riviera
che tanto gaia splende alla stagione
che da longinqui monti i villeggianti
invita a’l mare.
Ferve la vita allor in quei bei giorni
che il gran tripudio allieta de’ bagnanti
per le tue vie festanti fino a tarda
notte lunare.
Scorrono giulive sull’azzurro pelago
le imbarcazioni gitane e peschereccie,
volan allegri canti in ver la torre mediovale:
rudero antico, donde gli avi nostri
da la barbarie folle saracena
si difendeano a schiera, e le galere
fuggian malconce,
mentre le donne tue, discinte e scalze
grida inalzavan, preci e’ santi lari,
tu, de ’l tuo mar, vtrago prodigiosa, 1′ onde scotevi.
Vogan giulivi canti ver la grotta
Magica, prisca in cui leggenda narra
la bella ninfa achea, d’a mor restia,
l’ imene sciolse.
Psyche, donzella altera, dalle trecce
d’oro fluenti su l’eburnea nuca,
ch’a ‘l giovinetto, a Venere diletto,
la bocca offerse.
Ergesi, aereo scoglio, Martorano,
di vetusto maniera ornato intorno,
cui fan degna corona ombrose piante
di nobil villa.
Quivi l’eleta schiera de’ Normanni
De ‘l secondo Ruggero d’Altavilla,
danzar carole ed intrecciar a gara
musici cori,
lauti banchetti e garruli simposi
quivi imbandir solean, e, fra i rami,
pronuba amica> placida la luna
sempre assisteva,
grazia e splendor crescendo a’ sontuosi
loro vestimenti, con gli argentei rai,
mentre canoro il mar la sottostante
piaggia lambiva.
Da le snellette bifore a la riva
D’ agili mirti adorna una scalea,
di rosmarin fragrante e di giacinti,
lenta scorrea;
Indi, agli amplessi tepidi de l’onde
ebri immergean le candide lor membra,
che da le molli piume ridestava
il solleone.
Or nuovo serio aggiunge a la tua storia
1′ opra ammirevol I’ ingegnosi artieri;
torna la gloria a la tua spiaggia amena,
calabra gemma.
De ‘l mar piìi caro a Glauco tu sirena,
che ti sta Scilla accanto e l’alta Palmi
cui non lontan sorride la dovizia
della Trinacria.
Centro a’l turismo fla quest’almo lito
ove il naviglio all’ Itaco guerriero
dolci cullar di languide Sirene
jonie melodi.
s’ apra il verone de’l maniero antico,
cui di roseti e lauri intorno cresca
trepido olezzo e inviti il passeggero
a soffermarsi.
Onde lo spirito lasso ne ritempri
come in un’oasi, e l’ etra di zaffiro
l’occhio riposi negli occasi d’oro
tinti di rosa.
Disco di fuoco immergesi ne l’onde;
vago si stende un velo all’orizzonte;
pace, che spande, arcana, il firmamento,
regna d’ intorno.