L’abbazia normanna di Bagnara Calabra, di Alessandro Carati

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di Alessandro Carati

Nasce per volontà del conte Ruggero d’Altavilla e della massima nobiltà del suo seguito. Il diploma di fondazione porta la data del 1085: in esso vengono elencati i principali possessi che formano il grosso dei beni strettamente connessi al corpus feudale del monastero, primo fra tutti la “terra Balnearae” (che possiamo identificare col sito dell’attuale città, ed includervi anche tutti i monti che le stanno intorno e che vi si affacciano), quindi diversi altri  situati in Calabria, per lo più sparsi nella Piana di Gioia, nonché nei pianori della Corona e dintorni, ad ogni modo tutti indistintamente entro i domini comitali; nel documento si afferma altresì che tale istituzione nasce esente da qualsivoglia giurisdizione vescovile e direttamente soggetta alla chiesa di Roma.

Viene affidata a non meglio identificati pellegrini normanni, che si trovavano a passare per Mileto lungo la strada regia (via Popilia–Annea), con ogni probabilità diretti a Messina, da dove avrebbero proseguito il loro pellegrinaggio alla volta della Terra Santa. Non appartenevano ad alcun ordine, ufficialmente potevano anche non ubbidire ad alcuna regola, tuttavia sottostavano e si conformavano ad una certa forma di vita religiosa, rientrando così nel novero di quegli uomini di fede, assai numerosi a quei tempi, noti semplicemente come chierici vaganti. Ospitati alla corte di Ruggero, entrano nelle sue benevolenze ed in quelle di Goffredo, suo figlio ed erede, e vengono così convinti a rimanere in Calabria. Non essendo vincolati ad alcun ordine o regola in particolare, forse tra di essi non c’era nemmeno un vero e proprio capo, anche se emergeva la figura di Ermeo, che viene dunque eletto a priore della nuova fondazione.

Sottoscrivono il diploma (o privilegio) di fondazione i personaggi più ragguardevoli allora al seguito del conte Ruggero, ovvero i suoi “pares”: parlare di essi significa fare il punto sulla gerarchia di potere che si viene affermando, proprio in quegli anni, entro i domini comitali di Calabria e Sicilia.

Il monastero di Santa Maria e dei Dodici Apostoli di Bagnara Calabra benvoluto e continuamente arricchito dalla massima nobiltà normanna del tempo, in breve si arricchisce di beni non solo in Calabria, ma soprattutto in Sicilia, dove tra l’altro, a partire dal 1103, ottiene il monastero di S. Lucia di Noto, fondato da Tancredi di Altavilla, nipote del conte Ruggero, e conte di Siracusa. Tale monastero, del quale restano a tutt’oggi i ruderi, con una chiesa parrocchiale annessa, molto ben tenuta ed a tutt’oggi officiante, era sito a pochi chilometri da Palazzolo Acreide, e fin dalla nascita era stato dichiarato esente da qualsiasi giurisdizione vescovile ed eretto in priorato. Le sue terre comprendevano la gran parte dei beni facenti capo alla città di Noto vecchia, e per importanza ed estenzione non erano inferiori a quelli che formavano il corpus della chiesa di Bagnara.

La chiesa di Bagnara arriverà a possedere in Calabria ben undici chiese e relative pertinenze; in suolo di Sicilia i suoi beni sono addirittura superiori, e per estensione e per importanza (abbiamo citato, primo fra tutti, il monastero di S. Lucia).

Nel corso del XII sec. essa, che ancora non aveva alcuna regola, sceglierà quella di S. Agostino. Senza ombra di dubbio la nostra chiesa rappresenta la più importante fondazione normanna di Calabria, forse seconda solo al monastero di S. Maria di S. Eufemia, sul quale però non abbiamo sufficiente documentazione per quantificare i possessi e la loro importanza in termini di economia aziendale, cosa che invece riusciamo, almeno in parte e nonostante i forti limiti, a fare per la chiesa e il monastero di Bagnara.

 Bagnara costituì un faro della religione cattolica nella Calabria reggina ed in terra di Sicilia, dove i suoi possedimenti spaziavano da Messina, a Catania, a Noto, ad Agrigento, a Milazzo, a Palermo, a Siracusa (e pressocchè ovunque in queste terre, ancor oggi, nella toponomastica, nei luoghi di culto o di fede popolare, si conserva il nome, il ricordo, se non qualche traccia, di Bagnara); dalle fila del suo capitolo usciranno non pochi vescovi; tra l’altro si sottolinea come Ruggero II abbia affidato al suo capitolo il compito, certo non facile, di erigere ed amministrare il vescovado di Cefalù, ciò in quanto il culto della fede cattolica era in esso particolarmente coltivato: gli agostiniani di Bagnara assolveranno egregiamente a tale impegno.

Ricordiamo, in breve, i nomi dei vescovi provenienti dal nostro capitolo:

DROGONE  (o DROGO ): il 29 Feb. 1104 viene eletto vescovo di Agrigento

GUARINO: nel 1104 succede a Drogone nel priorato, quindi gli succede nel vescovado di Agrigento che resse fino al 1118

IOCELMO: priore di Bagnara; primo vescovo di Cefalù

ARDUINO: priore di Bagnara; secondo vescovo di Cefalù

Oltre ai vari privilegi e diplomi d’epoca normanna, numerose sono le bolle dei pontefici che concernono direttamente la nostra chiesa e delle quali segnaliamo in breve le più importanti:

CLEMENTE III: bolla del 02 Dic. 1188

CELESTINO III: bolla del 06 Mag. 1192; bolla del 12 Mag. 1192

INNOCENZO III: bolla del 1199

ALESSANDRO IV: bolla dell’Ag. 1254; bolla del 23 Dic. 1256

CLEMENTE IV: bolla del 28 Mag. 1268

 Nel 1219 Federico II prende la chiesa di Bagnara sotto la sua speciale protezione.

 Per la sua fedeltà alla causa dell’impero e del Regno, nel 1254, con bolla di papa Alessandro IV viene, nonostante la ferrea opposizione del priore e dell’intero capitolo, sottomessa con la forza alla chiesa e monastero di S. Maria della Gloria, sito in territorio di Anagni, anche se, a quanto sembra, tale sottomissione si rivelerà del tutto teorica, continuando la nostra chiesa ad amministrarsi con la massima autonomia ed in piena libertà per un gran numero di decenni.

Nel 1579, essendo il monastero di Anagni già da svariati decenni in completa decadenza e pressocchè estinto (le sue fabbriche non erano più operative, e neppure i santi uffizi vi erano più celebrati), tutti i maggiori beni terrieri della nostra chiesa verranno venduti (ad un prezzo ridicolo!) ai Ruffo, i quali già da tempo avevano tentato, con ogni mezzo, di appropriarsene, riuscendo infine nell’impresa.

Fortemente danneggiata dai terremoti, la vecchia abbazia, sita sulla Rupe di Marturano, protesa sul mare a cavallo del rione Marinella e dell’attuale centro cittadino,  crollerà definitivamente col terremoto del 1783: la chiesa verrà ricostruita altrove.

L’Abbazia venne definitivamente soppressa, non senza opposizioni, nei primi decenni dell’Ottocento.

  SANTA MARIA DI SANT’ EUFEMIA

di Alessandro Carati

Al 1062 sembra risalire il diploma di fondazione della chiesa di S. Maria di S. Eufemia in contrada Terravecchia presso Lamezia Terme, nel cuore della Piana di Lamezia.

Chiesa e monastero nascono per volontà di Roberto il Guiscardo che nel 1062 ne rilascia il diploma di fondazione. Questo documento ci è pervenuto in varie copie notarili non più antiche del XVI sec. Esso non manca di suscitare seri dubbi per quanto concerne il contenuto (né mancano le prove che ci fanno pensare ad una pesante manipolazione di esso), anche se, come dimostra L. R. Menager, nel complesso può ritenersi valido. Dalla sua lettura risulta che il Guiscardo restaurò “unam (ecclesiam) quondam fundatam, sed malis habitatoribus dirutam” . Ernesto Pontieri afferma che “nulla tranne il diploma di fondazione e di qualche altra carta, è venuto alla luce della prima abbazia fondata dai normanni in quella regione” ed ancora “le terre di tutta la piana di Sant’Eufemia, dalle rive del golfo omonimo col suo porto, alle opposte pendici montuose, costituivano il grosso dei possedimenti terrieri della Badia”.

In questo monastero, che nel volgere di pochi decenni passò da dodici a cento monaci, si formarono tutti i primi vescovi delle ricostituite diocesi della Sicilia normanna (subito appresso in ordine di tempo sarà la chiesa di Bagnara a subentrargli in questo delicato compito).

I primi monaci di S. Eufemia, appartenenti all’ordine di S. Benedetto,  provenivano tutti dal monastero di Saint Evroul sur Ouche, e tutti indistintamente appartenevano alla nobiltà cavalleresca normanna. Erano uomini di grande cultura ed esperti nelle varie arti allora più in voga: letteratura e musica fra tutte, e come ovvio, nel culto religioso; non vi poteva essere capitolo più idoneo per amministrare e condurre un monastero. Va inoltre sottolineato come S. Eufemia abbia costituito la prima tappa dei modi architettonici portati dai benedettini nella bizantineggiante Calabria d’allora.

Vi vengono sepolti, tra gli altri, Fredesenda, madre del Guiscardo e di Ruggero; Ruggero, figlio di Scolcando e suo nipote Gilberto, caduti nel 1065 durante l’assedio di Aiello Calabro.

Primo abate fu Roberto di Grandmesnil, che aveva guidato i monaci di Saint Evroul sur Ouche in terra italiana. Roberto apparteneva alla massima nobiltà normanna del tempo. I De Grandmesnil erano una famiglia cadetta degli Evreux; erano imparentati con i Giroie e perfino con i duchi di Normandia. Questo blasone gli valse il rispetto e la benevolenza del Guiscardo e della massima nobiltà normanna residente in Italia, nonché la disponibilità e l’attenzione dei pontefici del tempo.

Nel 1110 i monaci di S. Eufemia apriranno un’azione legale contro quelli di Bagnara, colpevoli a loro giudizio, di avere invaso con la forza alcune loro terre site sui pianori della Corona. La vertenza si protrarrà per oltre mezzo secolo e vedrà i monaci di S. Eufemia ripetutamente soccombere alle non poche sentenze che nel corso di quei decenni si ebbero.

Durante la lotta tra Papato ed Impero il monastero di S. Eufemia (come quello di Bagnara), si manterrà fedele ai suoi sovrani ed alla causa del Regno, tanto da attirare su di sé l’ira della chiesa di Roma. Nella seconda metà del XIII sec. il pontefice vi promuove l’insediamento dei cavalieri dell’Ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Gerusalemme, che si perfeziona tra il 1275 ed il 1279. S. Eufemia, estirpate così le radici normanne,  risorgerà a nuova vita divenendo in tal modo uno dei più importanti priorati d’Italia, seguendo dunque le vicende della vita dell’Ordine, oggi meglio noto come Ordine Ospedaliero dei Cavalieri di Malta.

Il 27 marzo 1638 gran parte della Calabria settentrionale venne sconvolta da uno spaventoso terremoto: S. Eufemia, che era capo e sede di baliaggio ne soffrì in modo particolare. Crollarono completamente la chiesa il monastero e pressocchè tutti gli edifici vicini,  ma si provvide presto alla ricostruzione. Possiamo affermare che dopo tale flagello della S. Eufemia normanna non restava ormai alcuna fabbrica. Nei primi decenni dell’800 il vecchio baliaggio di S. Eufemia verrà diviso in due commende.

I ruderi di S. Eufemia oggi giacciono dispersi nella campagna non lungi dal bastione dei Cavalieri di Malta.

  1. B.: Tutto quanto si è riferito sulle abbazie normanne di Bagnara e S. Eufemia ha carattere di estrema sintesi, ed ha scopo divulgativo.
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