Sante De Leo, brevi note biografiche a cura della signora Germana De Leo

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Brevi note biografiche a cura della signora Germana De Leo

Sante  De Leo  nasce  a Bagnara Calabra  il 20  Gennaio 1910  da Santo De Leo e Carmela Fedele; sopravvissuti alla catastrofe del terremoto dell’1908, emigrano  a ridosso della prima guerra mondiale , con gli 8 figli ancora piccoli,  in Libia a Tripoli, dove imprendono attività – che alla morte del padre – saranno i figli stessi  a continuare  nella tradizione della laboriosità  bagnarota – di cui è stata d’ esempio la madre  Carmela-  gestendo oleifici, mulini  e attività  agricolo-commerciali   in Tripolitania.

Sante,  giovanissimo inizia con gli amici  boxer tripolini Anastasi e Cardinale  gli allenamenti  e la carriera Pugilistica dilettantistica , con una tifoseria  non solo di italiani all’estero, ma degli stessi arabi Tripolini ( tutt’ora ha dei fans) , che  gli danno il soprannome di “shara makina” ( quartiere arabo in cui viveva con la famiglia), mentre  in Italia e sulle riviste specializzate gli danno  il soprannome di  ” Leo Vandalo”   per la potenza dei suoi k.o. , per l’eleganza,  l’abilità, la velocità  e “stamina”  nel boxare, riconosciuto ed applaudito  interprete della “noble art “  (*)  e  di lealtà sportiva e generosità nei confronti degli avversari. (vedi testo di Salsedo dal libro “la storia del Pugilato italiano”)

Vari artisti lo hanno assunto a modello per l’ effige atleticamente perfetta . Sono ancora ben visibili   le sue   sembianze in 4 sculture poste nell’anfiteatro del Foro Italico a Roma. Il Pittore milanese   Diego Manolli  -suo fervido tifoso- gli ha dedicato   una serie di  ritratti , con  la dedica: a Leo Vandalo  ” Sante De Leo qui sta, italico campione, sul ring in verità si batte da leone” .

Sante, persona  naturalmente modesta e schiva ai riconoscimenti pubblici,  dopo il ritiro dalla carriera  pugilistica, per una improvvisa grave miopia,  conseguente all’ultimo incontro per il Campionato Europeo in Germania (vedi  sotto- curriculum  agonistico)  rimarrà tuttavia   per tutta la vita  legato al mondo sportivo e al pugilato  – come allenatore : vengono a Tripoli  per allenamenti e training   con Sante De Leo ,  campionissimi come  De Mitri  e Benvenuti ed altri, che la scrivente non ricorda, legati a lui da stima ed amicizia – poi come arbitro  : del CONI e successivamente nella segreteria della Federazione Pugilistica Italiana  di  Torino città in cui visse i suoi ultimi anni.

Dopo la fase di professionismo sportivo, rientrato stabilmente a Tripoli , riprende  l’attività imprenditoriale  della famiglia   e apre  una nuova attività d’ import di caffè dall’Uganda e altri paesi dell’africa, per la produzione propria del  “Caffè Esperia – Torrefazione De Leo “, che gestirà  con la moglie sino agli anni 67 – perché a causa   dei disordini  antisemitici e xenofobi  che in quel periodo  coinvolsero la popolazione in  sommosse in tutta la Libia , andò distrutta in un incendio anche  la “Torrefazione Esperia” quanto  altre proprietà di cittadini italiani.

Dopo queste traversie Sante, suo malgrado, sarà costretto a lasciare definitivamente “il lavoro di una vita a Tripoli” nel 1971, a seguito del colpo di stato libico in cui alla monarchia di Re Idris si sostituì la nuova repubblica araba con l’attuale Presidente Gheddafi, e tutta la Comunità Italiana di Libia venne estromessa e rimpatriata confiscandone i beni.

Costretto dalle circostanze storico-politiche a rientrare, in età ormai da pensione, in Italia come profugo della Libia, si trasferisce per ricongiungere il nucleo famigliare, a Torino dove abitavano i due figli; qui riveste cariche nella segreteria della Federazione Pugilistica Italiana   di Torino e svolge attività di interprete e traduttore arabo- italiano- inglese e di mediatore culturale presso il Tribunale Civile di Torino.

Dopo due anni di malattia che lo provano nel fisico ma ne fanno emergere la forza di carattere e il pensiero sempre rivolto con affetto ai suoi cari, roso da un tumore al polmone, si spegne, scegliendo la sospensione dell’accanimento terapeutico, circondato dall’affetto della famiglia, dei medici e del personale del rep. di medicina e cardiologia dell’ospedale Mauriziano di Torino.

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Post Author: Gianni Saffioti