Luigi Cristina

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Una felice scoperta di Gaetano Pizzonia

Oggi che la nostra società è caratterizzata da una corsa sfrenata verso la conquista di posizioni di privilegio e che l’arrivismo è il principio ispiratore di ogni umana azione, sembra anacronistico, se non, addirittura irreale incontrare uomini che amano chiudersi nell’anonimato, circondarsi di modestia e nascondere con ostinato pudore, ciò che darebbe loro il diritto di affermarsi, di primeggiare, di raggiungere la notorietà. E’ questo il caso di Luigi Cristina, artista pressochè sconosciuto per vocazione.

L’abbiamo incontrato a Bagnara Calabra, nella sua abitazione sita nel magnifico lungomare, da dove nelle giornate terse si vedono nitidamente le Eolie, circondato da decine di opere pittoriche pregevoli, che tappezzano le pareti trasformando il soggiorno di casa in una piccola galleria d’arte.

Luigi Cristina è nato a Bagnara Calabra nel 1908. Ha studiato a Roma, dove si è diplomato all’Accademia di Belle Arti nel 1926 e dove ha avuto come compagni di studio Cantatore e Mafai, oggi pittori affermati. Conseguito il diploma, si dedicò alla difficile arte della decorazione e lavorò a Roma e a Genova col maestro Innocenti, eseguendo opere pregevolissime.

Negli anni venti, quindi, Luigi Cristina incominciava a farsi strada nell’impervio sentiero dell’arte; ma un’innata ritrosia e un senso esagerato, forse atavico, della riservatezza uniti ad un attaccamento quasi morboso verso i genitori e la terra natia, riportarono l’artista nella sua terra d’origine. L’arte, allora, che doveva essere l’attività fondamentale e naturale del Cristina, divenne invece, un hobby, in quanto il Nostro, in seguito a pubblico concorso (risultò il primo nella graduatoria nazionale), divenne disegnatore presso l’Amministrazione delle Ferrovie dello stato e regalò la pittura al ruolo di attività ricreativa domenicale.

Artista per temperamento e per educazione, Cristina crea con la massima disinvoltura paesaggi e ritratti, ispirandosi alla sua terra: paesaggi marini, boschi dell’Aspromonte, gente del popolo, “bagnarote”. In tutte le opere il disegno è tracciato con mano sicura e la prospettiva è perfetta, ma non per questo la pittura del Cristina è leziosa, oleografica; tutt’altro: l’artista, pur legato ai canoni dell’arte classica, è in moderno che si muove agevolmente entro le linee dell’espressionismo e le sue opere, sia i paesaggi che i ritratti, sono pieni di luce e di sole, quasi un inno alla vita. Al di laà di tale apparente gioiosità c’è però, in tutte le opere del Nostro una nota di pacata tristezza che si coglie ora in certe ombre e in certi colori dei suoi paesaggi, ora nello sguardo dei personaggi ritratti, ora nell’insieme del dipinto che esprime la natura più vera e più intima dell’animo del pittore. Conversando con Cristina, infatti, si scopre che dietro quella “facciata” briosa, arguta, ironica, c’è un fondo di malinconia, che è rivelatrice della profondità umana dell’artista, che ritrae le bellezze in tutte le sue forme con la consapevolezza dell’inevitabile caducità delle cose

 

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Post Author: Gianni Saffioti