La ricostruzione della città dopo il terremoto del 1908

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Cenni di cronaca sulle fasi più importanti della ricostruzione della città dopo il terremoto del 1908 fino alla nascita del primo governo cittadino dopo il fascismo.

Da interviste  al rag. Manlio Pistolesi , dott. Carmine Versace e documenti vari

La ricostruzione della cittadina dopo la provvisorietà dei baraccamenti post terremoto 1908,  che durarono molto a lungo, fu lenta e molto disordinata.

     Tutte le case popolari costruite sul viale Turati e sul corso V. Emanuele II, nel 1923/24, furono progettate con calcoli in eccesso riguardanti la quantità e la grossezza del ferro (diametro di 3 centimetri Circa per legare i pilastri). Per poterlo mettere in opera sul posto le tecnologie dell’epoca permisero solo di usare forge per scaldarlo e piegarlo sul posto.

     Il muretto del viale Turati fu realizzato nei primi anni venti. Nel 1927 fu abbattuto dal mare perché era tutto in pietrame. Quando fu rifatto la sua struttura previde anche dei pilastrini di cemento armato con sopra una base in marmo di grosso spessore.

 La prima grande opera pubblica edificata dopo la costruzione del municipio fu l’edifico scolastico per le scuole elementari del centro,  tra il 1931 e 32 posto sul corso Vittorio Emanuele   II.

      Subito dopo negli anni 1935 e 36, durante la guerra d’Africa, fu ampliato e rifatto il corso medesimo contemporaneamente alla costruzione della prima fognatura principale di Bagnara che sfociava a Marturano e che qualche anno dopo fu prolungata fino a Cacilì. La ditta Galasso appaltatrice dei lavori, la diede in sub appalto alla ditta De Forte Giuseppe, che cominciò prima come impresa fornitrice e poi continuò nella sua realizzazione.

     Ma com’era lo smaltimento dei rifiuti solidi umani prima della costruzione delle fognature? Gli escrementi venivano raccolti in dei contenitori chiamati cantari, e la mattina presto, le donne di casa li portavano in riva al mare; mentre nei quartieri alti, a Porelli dove le fognature furono costruite qualche anno dopo, gli escrementi venivano svuotati dall’alto in località Galicea. Queste operazioni, oggi neanche pensabili, erano usi comuni di vita quotidiana, e succedeva così anche nelle botteghe artigiane, dove il garzone ultimo arrivato, aveva il compito di svuotare il cantaro.

    Durante la seconda guerra mondiale furono costruite delle case alloggio per gli sfollati al rione Valletta in via Predappio parallelamente al corso V. Emanuele II. Questi alloggi furono costruiti in muratura senza pilastri in cemento armato. Solo il solaio venne costruito in cemento armato, per il resto tutto fu fatto in muratura di pietra ed ogni 60 centimetri una fila di mattoni per mantenerne la stabilità, senza colonne portanti. Tutto ad un solo piano. Strutture simili furono poi anche costruite al rione Inglese.

     Nel periodo dei bombardamenti furono costruiti dei rifugi per la gente, che funzionarono più da paraschegge che altro. Essi furono costruiti in piazza Marconi ed in piazza Municipio. Furono poco utilizzati, in quanto la gente preferì rifugiarsi nelle gallerie.

     Dopo la caduta del fascismo, le truppe inglesi che avevano preso possesso della nostra cittadina, organizzarono la prima amministrazione comunale, nel tentativo di rilanciare una vita sociale democratica e di diritto per tutti i cittadini.

Così vennero scelti per formare il governo cittadino alcuni tra gli antifascisti più rappresentativi che si erano opposti al vecchio regime. La scelta cadde su esponenti di area socialista che, come del resto accadde in tutti gli altri paesi della nazione, furono preferiti agli esponenti più “estremisti”, comunisti o altro. Tra gli antifascisti più attivi e rappresentativi di allora ne vogliamo ricordare qualcuno: Vincenzo Vizzari, detto “mastru Vicenzu u ZZitu” calzolaio di fede socialista; Diego Versace sarto ed intellettuale di animo socialista conosciuto come “don Ddecu”,  l’ng. Vincenzo Gioffrè, anche questi socialista. Altri, come il Geometra Oscar Pistolesi, l’avvocato Isaia, persona molto colta, Pietro Famà, Rocco LoPresto detto “u maritatellu” e “mastru” Raffaele Occhiuto artigiano del ferro (forgiaro), erano di tendenza comunista. Alcuni di quest’ultimi finivano spesso preventivamente in prigione ogni qual volta in paese arrivavano in visita delle personalità fasciste.

     Dai registri comunali bagnaresi risulta che il prefetto di Reggio Calabria Priolo nel 1944 designò l’ing. Vincenzo Gioffrè e Diego Versace rispettivamente come commissario e vice commissario con l’incarico di governare la cittadina e prepararla alla nuova fase democratica.

    Lentamente l’attività e la dialettica politica coinvolsero i cittadini e ben presto nel giro di poco tempo la vita sociale tornò alla sua normalità con la ricostruzione dei partiti politici e le conseguenti elezioni amministrative. Nacquero cosi la Democrazia Cristiana, la Democrazia del Lavoro, i Demolaburisti, i Liberali ed i Partiti Comunista e socialista.

Oscar Pistolesi leader del partito comunista da subito si prodigò in maniera che gli ultimi piccoli focolai sociali, tra quelli che ancora sostenevano il fascismo e gli antifascisti, si consumassero rapidamente, e per questo insistette per far liberare tutti i capi del fascismo locale che erano stati rinchiusi in una cantina adibita a  prigione . Le motivazioni del   Pistolesi convinsero le autorità competenti e così tutti furono liberati. La cronaca ci racconta infatti che, a parte qualche eccezione, a Bagnara il sistema di repressione fascista non fu duro e vendicativo come in altre zone, e considerato che non si contarono mai episodi di gravi persecuzioni e che nessuno dei fascisti incarcerati si macchiò di gravi crimini, anzi qualcuno era sempre stato di animo molto generoso,  la sua politica ebbe buon fine.

 In questo periodo fu ricostruito il Ponte Caravilla distrutto durante la seconda guerra mondiale dai tedeschi in fuga. La costruzione fu affidata dalla ditta del geom. Oscar Pistolesi che la ebbe in sub-appalto dalla ditta dell’ing. Giunta di Reggio Calabria.

     Alle prime elezioni libere nel 1946 il popolo scelse come sindaco Francesco De Leo. Alle sue dimissioni venne eletto nel 1947 l’avvocato Pugliese di area liberale, che teneva i comizi dal balcone della sua casa, all’incrocio tra il corso V. Emanuele II e via F. Catalano.

Dopo la prima crisi municipale il primo commissario del paese fu Vincenzo Milazzo, che poi si presentò alle elezioni e fu eletto sindaco grazie all’appoggio di una lista civica che ottenne la maggioranza assoluta. Vicesindaco e ideatore della lista civica fu il dott. Barilà.

Dimessosi per malattia il sindaco Milazzo, la Democrazia Cristiana indicò sindaco il comm. Gregorio Gioffrè indipendente eletto nella lista civica che restò in carica dal 1955 al 1957. Il dottor Barilà Sorà non gradì questa scelta e   nelle elezioni successive, capeggiò una lista civica in opposizione a quella della Democrazia Cristiana, e vinse le elezioni. Ma al momento della proclamazione degli eletti, fatta dal giudice presidente del primo seggio elettorale,venne presentata dai rappresentanti della Democrazia Cristiana eccezione di ineleggibilità per il dott. Barilà, in quanto questi ricoprendo  l’incarico di medico delle carceri per  cui  riceveva un compenso dal comune di Bagnara, secondo i ricorrenti doveva essere ritenuto ineleggibile. Tale diatriba giudiziaria cui presero parte come avvocati luminari di diritto amministrativo come il professore  Silvestri dell’Università di Messina, durò più di un anno fino a che nel 1957, giunse la sentenza definitiva ed il Dott. Barilà Sorà  fu dichiarato ineleggibile e  decadde dalla carica di consigliere comunale e quindi da sindaco.

Molti giovani politici bagnaresi di sinistra nel dopoguerra frequentarono la sartoria di Diego Versace, vera officina politica progressista, fra i tanti ricordiamo il giovane avvocato Giovanni Capoferro che negli anni successivi divenne esponente di primo piano del P.C.I. bagnarese, nonché segretario e consigliere comunale per tantissimi anni. Così come una nuova classe di giovani di  ispirazione cattolica e provenienti dalle associazioni cattoliche, formarono assieme ad alcuni esponenti sopravvissuti del Partito Popolare la nuova classe dirigente  della Democrazia Cristiana di Bagnara.

     Dove oggi c’è il municipio, anticamente vi era locata la pescheria. L’antica pescheria, quando fu costruita aveva le strutture in ghisa lavorate altrove e poi montate sul luogo. Quando si realizzò il corso V. Emanuele II fu smontata e ricostruita più a nord e dalla parte opposta, dove oggi c’è la sede dell’Asl  come testimoniano tante cartoline d’epoca.

     Il palazzo comunale in stile liberty costruito nel 1924, sostituiva quello oramai vecchio ed inadeguato che si trovava tra via Gaezza e piazza Cesare Battisti.  A causa dei gravi danni provocati dalla seconda guerra mondiale, nel 1950 si riuscì ad avere un finanziamento per ricostruirlo interamente nuovo su progetto dell’architetto Francesco Albanese.

Tra il municipio e l’ufficio postale e la ex capitaneria di porto, lato canalello, c’era il capannone dei vigili del fuoco che, per agevolare la costruzione della nuova casa comunale, si spostarono sul corso Garibaldi all’altezza della vecchia casa De Leo. I pompieri abbandonarono definitivamente Bagnara quando negli anni settanta la ditta Pistolesi costruì un palazzo nel luogo dove essi risiedevano.

          La demolizione del vecchio Municipio e la ricostruzione del nuovo fu opera della ditta Oscar Pistolesi negli anni 1950/51/52. L’opera, a causa delle lentezze burocratiche e la lievitazione dei prezzi, non fu completata. Infatti prevedeva un piano cantinato che non fu più realizzato per la mancanza di finanziamenti.

     La prima costruzione del dopoguerra a 6 piani, nel rispetto delle norme antisismiche che prevedevano un limite di 21 metri di altezza, fu realizzata dalle ditte Pistolesi – De forte in via don Minzioni. Fu la prima casa con ascensore. Altri due palazzi a sei piani sorsero subito dopo, uno sul corso Garibaldi e uno sul corso V. Emanuele davanti alla piazza Marconi, quest’ultimo era un lotto moderno ed elegante di case popolari che l’INA CASA costruì su un suolo centralissimo che l’amministrazione allora guidata da Diego Versace riuscì con grande determinazione a destinare a questa finalizzazione, vincendo le forti resistenze della famiglia De Leo proprietaria del terreno.

     Il ponte Sfalassà fu costruito negli anni sessanta dalla ditta Pistolesi. Nell’occasione, oltre al ponte furono anche ripristinate le briglie per salvaguardare sia il ponte sia il muro del campo sportivo.

     Un secondo ponte sullo stesso fiume, affiancato al primo fu costruito in sub appalto dalla ditta Benito De Forte che nell’occasione ricostruì anche il muretto della via marina.

 

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Post Author: Gianni Saffioti