Costi sui terrazzamenti della costiera
SUL COSTO D’IMPIANTO DEL VIGNETO SULLE PENDICI COSTIERE
DELL’APPENNINO CALABRO NELLA ZONA SCILLA-BAGNARA
di GIUSEPPE SCALI
Il viaggiatore diretto verso il sud, che percorra in ferrovia il litorale tirreno della Calabria, dopo l’ampio respiro del verde piano, degli aranceti e degli uliveti della conca di Rosarno e Gioia Tauro delimitata dai fiumi Mesima e Petrace, e dopo aver intravisto la superba bellezza del paesaggio che offre lo Stretto di Messina, si inabissa in una galleria che sembra senza fine e che in effetti comincia alla stazioncina di Palmi per sboccare in quella di Bagnara con un percorso di circa 7 chilometri, inttrÂrotta soltanto da qualche finestra d’aria a picco sul mare. L’Appennino precipita cosi, con l’estrema propaggine occidentale dell’Aspromonte, nel Tirreno: a strapiombo, come la terrazza del Monte S. Elia, o a fortissima pendenza come tutta la rocciosa costiera che comprende le due ridenti cittadine di Bagnara e Scilla.
Su quest’immenso scenario le generazioni, col duro e paziente lavoro di secoli, hanno creato qualcosa di meraviglioso, di paradossale, confrontabile soltanto cori il miracolo dei limoneti amalfitani. Sono sorti, pietra su pietra, interminabili file di muri a secco e, muro su muro, infinite terrazze per centinaia di metri di altezza, coperte di vigneti il cui verde, in cima, si confonde con quello dei cedui di castagno. I vigneti terrazzati di Bagnara e Scilla offrono materia d’interessanti consideraÂzioni sia d’ordine economico che agrario.
Infatti, la domanda, che sorge spontanea all’intenditore che osservi per la prima volta quelle colture, è questa: – Esiste convenienza economica ad effettuare simili impianti? – Conti e calcoli già fatti danno subito risposta negativa.
E’ vero che si parte da un terreno che praticameate manca di un effettivo valore di mercato, stante la sua accidentalita’ e improduttività ; può avere ed ha soltanto un valore di affezione, in quanto soltanto colui che si propone di operare la trasforÂmazione è indotto a spendere un certo capitale per acquistare un terreno altrimenti inappetibile.
E quale reddito si propone di ritrarre l’imprenditore dalla sua trasformazione agraria?
É qui che si entra nel paradosso. L’imprenditore, che quasi sempre è un piccolo coltivatore diretto, investe il suo capitale e lavoro per la maggior l:arte a fondo perduto, per quanto riguarda la sistemazione del terreno.
La dimostrazione pratica di quest’asserto è data dal fatto che, se egli volesse vendere il terreno appena sistemato a terrazze, e cioè senza ancora l’impianto della vigna, non ricaverebbe la decima parte della spesa di manutenzione.
E allora, perche s’insiste in queste opere onerose e passive? La spiegazione va ricercata nelle condizioni sociali di quelle zone; nell’eccesso di popolazione in rapporto alla terra produttiva coltivabile; nell’attaccamento di quella gente alla propria terra e nella voluttà di possedere qualcosa di proprio per mantenere una certa indipendenza economica; nella incredibile laboriosità e cooperazione di tutti i componenti della famiglia; e, infine nella benignità e generosità della Natura che, quasi a premioo di umane fatiche, dispensa un clima mitissimo e favorevole.ù
Analisi delle spese
Tutti i dati di spesa si riferiscono a costi medi dell’epoca 1949 – 1950 e relativamente alla superficie di Ha. 1
- A) Fcrmazione del suolo agrario. – II terreno vergine situato in forte pendio, mediamente non inferiore al 15% può qualificarsi in Catasto tra I pascoli, i pascoli cespugliati e gl’incolti produttivi.
La vegetazione spontanea è costituita da, ciuffi di ampelodesmo. erica, ginestra, rosella, ecc. Il terreno si presenta sciolto, prevalentemente siliceo, con detriti scistosi provenienti dallo sfaldamento di formazioni eoceniche; frequentissimi sono gli affioramenti di roccia calcarea o granitoide e di arenaria. La sistemazione a terrazze alte e strette, sostenute da muri a secco richiede spessissimo l’opera de! minatore, nonchè il riporto della terra per la colmata.
Nel caso generale, le opere di sistemazione consistono:
1)Â nello scasso del terreno:
2) nella formazione dei muri a secco;
3) nei movimenti di terra.
Scasso del terreno. – Lo scasso, previa ripulitura superficiale dalla vegetazione spontanea (questo lavoro si presume compensato dalle fascine ricavate), comprende la rimozione e l’ammucchiamento delle pietre utilizzabili per i muri a secco, e lo scavo per la impostazione di questi.
Il rendimento normale di un operaio comune impiegato in tale lavoro è di circa 20 mq. giornalieri, per cui, in I Ha. occorrono 500 opere.
Formazione dei muri a secco. – Nel caso considerato, di pendenza media del terreno del 150% si usa costruire terrazze larghe circa m. 1,70 e alte circa m. 2,50 e perciò in numero di sessanta per ettaro, con uno sviluppo lineare di m. 6ooo; tenuto conto di una piccola fondazione ai muri a secco (cm. 20) e di un loro spessore medio di m. 0,55 (m. 0,60 alla base e m. 0,50 in testa) si ha che il volume totale dlei muri è di mc. 8910 (6000 x 2,70 x 0,55).
Un operaio specializzato in tal genere di costruzione produce intorno a 6 mc. Giornalieri,
per cui, nel nostro caso, occorrono, in cifra tonda, n.1500 opere specializzate.
Inoltre, Ogni coppia di operai specializzati ha bisogno del servizio di una donna o ragazzo: occorrono quindi n. 750 opere di donna o ragazzo.
Movimenti di terra per la sistemazione del terreno sulle terrazze – Per picconamenti. sbadilature, riempimento dei vuoti, ecc. occorrono, in media, un operaio comune e una donna o un ragazzo su ogni 50 mq. di terreno sistemato, comportante un movimento di 10 mc. di terra giornalieri e quindi n. 200 opere di operaio comune e n. 200 opere di donna o di ragazzo
Per le opere di minatore o spaccapietre, non essendone prevedibile l’entità ,
Riassumendo, si ha
1) Per lo scasso del terreno:
opere comuni n .500 a L 500Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â LÂ Â Â Â Â Â 250.000
2)Â Â Â Â Â per la formazione dei muri a secco
a)opere specializzate n. 1500 a L . 700                                      L   1.050.000
 b)di donne o ragazzi n. 750 a L 300                                            L     225.000
3) per i movimenti di terra:
a)opere comuni n.. 200 a L 500Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â LÂ Â Â Â 100.000
b)di donne o ragazzi n. 200 a L 300                           —-        L.       60.000
                                                                                                        1.770.000
somma
4) per opere. di minatori, spaccapietre e varie, 5%Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â 85.000
                                                                Totale
B)Impianto del vigneto. – A seconda della larghezza delle terrazze, le viti possono piantarsi in unico o in doppio filare; in questo secondo caso, il filare prossimo al ciglio viene piegato orizzontalmente e forma pergolato sulla terrazza sottostante; l’altro filare viene tenuto ad alberello con palo di sostegno.
La distanza fra i vitigni si mantiene tale da consentirne la piantagione di n. 10.000 (diecimila) per ettara.
Le spese e le opere normali sono:
a)acquisto delle barbatelle e messa in sito:
n10.000 a L 7000 al migliaio . L.       70.000
- b) innesto dei’ vitigni:
operai specializzati n. 65 a L 700Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â 45.500
e)impalatura in ragione di n. 2 pali a vite, compreso il fabbisogno per le pergole:
pali n. 20.000 mesi in sito a L. 10.000 per mille                  200.000
                   somma                       L315.500
- d) imprevisti e varie
il  5% della somma                                                        “    15.500
totale
            L                    _____________________ 331.000
Pertanto, la .spesa complessiva Per scasso e primo impianto di i Ha, di vigneto risulta la seguente:
per la sistemazione del terreno                                            L.        1.770.000
A)
- B) per l’impianto della coltura LÂ Â Â Â Â Â Â Â __ 331.000
                                                                                                     L.2.101.000
In tale spesa, come notasi, non sono stati calcolati interessi per anticipazioni di capitale, in quanto, trattandosi di analisi sommaria eseguita su dati di costi medi
arrotondati, si ritiene fuori di luogo introdurre formule che, alla fine, non darebbero alcuna garanzia di maggiore approssimazione del risultato.
Considerazioni estimali catastali.
Dall’analisi che precede risulta che l’impianto di I Ha. di vigneto, compresa la sistemazione a terrazze del terreno, viene a costare attualmente L. 2.000.000 in cifra tonda, avendo calcolato nel modo esposto nell’analisi le opere di uomo.
lì terreno prima della sistemazione, potrebbe, oggi, avere un valore di mercato non superiore a L. 20.000 per Ha.
In seguito alla trasformazione agraria i vigneti risultanti vengono classati, in Catasto, di IV e V classe, le cui tariffe d’estimo, riferite al 1939, sono le seguenti
per il Comune di Bagnara:
Vigneto di IV classe ….. L. 450
Vignefo di V classe  … L. 260
per il Comune di Scilla
Vigneto di IV classe        L. 320
Vigneto di V classe        L. 210
In seguito alla legge 12 miggio 1947, n. 356, che ha disposto l’aggiornamento delle tariffe d’estimo per tutto il territorio nazionale, moltiplicando quelle vigenti al 1° gennaio 1939 per il coefficiente 12, le tariffe in esame sono diventate:
per il Comune di Bagnara:
Vigneto di IV classe L.450Â X 12Â Â Â L. 5400
 Vigneto di V classe L 260 X 12 = L. 3120
per il Comure di Scilla:
Vigneto di IV classe L. 320 X 12Â L . 3840
Vigneto di V classe  L.210 X 12 L. 2520
Volendo capitalizzare tali redditi al 100:5, si ottengono dei valori capitali da L108.000 per i vigneti di IV classe di Bagnara a L. 50.000 per la V classe dei viÂgneti di Scilla.
Ora, le produzioni lorde vendibili accertate per tali colture vanno mediamente da hl. 26 (li mosto per ettara, sulla IV classe di Bagnara. a hl. 20 sulla V di Scilla (nella
zona si usa vendere il mosto e non il vino o l’uva). Negli ultimi due anni il prezzo
medio del mosto è stato (li L. 6500 ad ettolitro, per cui la produzione lorda risulta, rispettivamente per le due classi estreme considerate, di L. 169.000 e L. 130.000.
A causa delle enormi spese colturali e per la manutenzione dei fondi, è ormai assodato che il reddito dominicale si aggira in media sul 14″‘della produzione lorda vendibile e pertanto, fatti i relativi calcoli, si deducono i seguenti redditi netti:
per il vigneto di IV classe di Bagnara L. 23.660
            per ìl vigneto di V classe di Scilla              L. 18.200
ai quali, capitalizzando al 100:5, corrispondono rispettivamente i valori capitali di L 473.000 e L.364.000.
Val la pena di rilevare che la differenza fra questi valori e quelli precedentemente determinati capitalizzando i redditi catastali e’ soltanto fittizia, in quanto basterebbe adeguarci più congruamente il coefficiente moltiplicatore alla realtà dell’attuale livello del mercato, per ottenere valori abbastanza approssimativi a questi ultimi.
Dalle notizie assunte sugli accertamenti d’ufficio ia fini dell’imposta di Registro nei casi di trasferimento, risulta che per le colture in esame il prezzo di valutazione oscilla sulle 400. 000 per ha.
Fra tutti questi valori, determinati per via analitica o sintetica, e quello ricavato in base al costo d’impianto, la differenza e enorme! Tradotte in linguaggio pratico, queste cifre dicono che l’imprenditore impiega in pura perdita la maggior parte del suo capitale e del suo lavoro, Stante che, nella generalità dei casi, la sua vigna non riuscirebbe ad avere un valore superiore al 20% del capitale investito.
La spiegazione del fenomeno, del paradosso, consiste, come s’è già detto, nella scarsissima remunerazione che l’imprenditore pretende per il proprio lavoro e
quello dei suoi familiari, contentandosi di crearsi, a costo di duri sacrifici, una certa possibilità di lavoro e di vita per l’avvenire, e l’impagabile soddisfazione di vedere in quel pezzo di terra da lui bonificato, tutto se stesso e la benedizione della Provvidenza per se’ e per i suoi figli.
I reperti esposti nella Sezione archeologica documentano l’uso di questo territorio in Età Eneolitica, nell’Eta dei Metalli fino a quella bizantino – normanna e moderna. In età normanna, Bagnara divenne un importante feudo e Ruggero I vi fece edificare l’abbazia di S. Maria e dei XII Apostoli.