L’arte dolciaria a Bagnara: ricordo di Giannino Morello

L’arte dolciaria a Bagnara: ricordo di Giannino Morello

di Mimmo Caruso

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L’arte dolciaria a Bagnara: ricordo di Giannino Morello

L’arte dolciaria a Bagnara ha dato un’impronta molto importante alla sua economia, si è sviluppata ed esiste a tutt’oggi grazie ai monaci che in antichità hanno vissuto e governato a Bagnara per un lungo periodo. Questi religiosi hanno importato l’arte dalla vicina Sicilia dove oramai si erano diffuse le culture e le esperienze dolciarie di origine araba, prima fa tutte il torrefatto da cui oggi il torrone, e i celebri “ irita apostuli, Suspiri i monica, e la frutta marturana” quest’ultima  in origine proveniente dal monastero della Martorana delle suore dell’ordine di San Benedetto in Palermo.

La prima fabbrica dolciaria di Bagnara fu quella di Francesco Antonio Cardone, celebre produttore di torrone. Agli inizi del novecento ci furono  i fratelli Pasquale e Luigi Frosina che aprirono una fabbrica in via G. Denaro  dove io ho avuto l’onore di lavorare ed imparare il mestiere. Poi fu la volta di Careri che aprì un laboratorio a Porelli nel 1967. Nel 1968 c’è stata l’apertura del locale del mio grande maestro Giannino Morello, dopo aver lavorato per 40 anni per i fratelli Frosina, io andai a lavorare con lui. Il pregio del Morello è stato quello di aver rispettato sempre le tradizioni di base sia degli ingredienti che dei tempi della preparazione. Per il torrone solo ed esclusivamente miele e mandorle ed assoluta scrupolosità nella cottura e nell’ asciugatura di quest’ultime. Si faceva torrone a livello artigianale senza inseguire il prodotto certamente più facile dell’ industria ma di qualità nettamente inferiore. Nel 1986 ho aperto il locale sul corso V. Emanuele II, continuando la tradizione dolciaria del mio maestro fino al 2010, rispettandone i criteri qualitativi.

Giannino Morello viveva l’arte pasticcera, la sentiva dentro di se senza badare al risparmio dei prodotti o al guadagno immediato. Ha portato avanti fino all’ultimo il concetto di qualità del prodotto su tutti i settori.

Tuta la pasticceria fatta dal laboratorio di Morello era sublime, non solo il torrone che praticamente si vendeva solo su ordinazione, ma profitterol, bignè, gelati e cannoli erano richiestissimi. Dentro il laboratorio io preparavo i cannoli alla vecchia maniera, impastati e fritti usando la vecchia canna, lo strutto ed il vino, altro che i semilavorati di oggi. La soddisfazione che avevi dopo aver realizzato il prodotto partendo dagli ingredienti base come farina e zucchero era immensa, la cialda del cannolo era un’opera d’arte culinaria ed il suo ripieno qualcosa di superlativo sempre al massino della qualità. Il ripieno dei profitterol che avevamo creato assieme era composto da tre tipi di cioccolato, segreto professionale che oggi ho il compito di tenere dopo la morte del maestro. La frutta che usavamo per fare i gelati e le granite era vera frutta, le fragole erano esclusivamente quelle di bosco ed i limoni erano locali, prenotati già da tempo dai fidati contadini, per il gelato al melone, cosi come per il gelato alla banana o alla pesca, usavamo solo frutta fresca, ero io che sceglievo quella migliore. L’arte per fare il  gelato alla frutta partiva proprio dagli ingredienti naturali e poi dalla capacità di saperli lavorare, coordinando il sapore del frutto con il  dosaggio dello zucchero senza far prevalere il dolce sul sapore. Far diventare la frutta viva gelato era la vera arte di Morello che io come discepolo ho imparato restando a suo fianco. Per fare i gelati e le granite di caffè avevo fatto comprare a Napoli una caffettiera che disponeva di una capacità di 5 litri, lavoravamo tutto al naturale.

Ai tempi in cui lavoravamo nella fabbrica dei Frosina, eravamo in 60, di cui 9 solo della mia famiglia, dal mio bisnonno a me che ero il più piccolo. Sono tra i pochi che ha continuato questo lavoro dopo la chiusura della fabbrica nel 1965. Ho scelto questo mestiere perché lo sentivo mio, rinunciando a lavori che richiedevano meno sacrifici, e a concorsi statali già vinti.

I sacrifici di questo mestiere erano tantissimi, non ho ricordi di aver mai passato una mattina di Natale o capodanno a letto, il lavoro era più importante. La media era di 12 ore al giorno e la perdita di tutte le festività. Per esempio io non ho partecipato a nessuna delle prime comunioni dei miei figli perché il lavoro mi richiedeva sempre presente. Per quasi 50 anni ho fatto il pasticciere senza gustarmi alcuna festività, oggi che sono in pensione, passare per la prima volta la domenica di Natale a casa, mi sembra irreale.

Oggi che il torrone viene prodotto da tutti, anche dai cinesi, ho pensato di scrivere la ricetta del torroncino da lasciare ai posteri. Il torroncino è un caramellato da fare a fuoco diretto, difficile e delicato da realizzare e dove bisogna essere padrone dei tempi. Infatti se lo togli qualche minuto prima resta morbido e crudo, se invece ritardi e lo lasci sul fuoco, si brucia e perde tutto il sapore.

Ancora oggi sono il vicepresidente dell’associazione produttori di torrone di Bagnara, associazione fata per avere l’ I.G.P. ovvero l’ indicazione geografica protetta, nel tentativo di rilanciare e proteggere la qualità del nostro prodotto. Purtroppo su questo tema non c’è nulla da fare, perché manca la mentalità organizzativa e di cooperazione. Si continua a fare il torrone solo ed esclusivamente ai fini di lucro e non perché si sente nell’ amina e nel cuore per continuare una tradizione che a Bagnara esiste da oltre 300 anni.

Post Author: Gianni Saffioti