L’icona del Carmine, di Domenico Gioffrè

L’ICONA DEL CARMINE

di Domenico Gioffrè

IPOTESI

La bella chiesa del Carmine di Bagnara custodisce sopra l’altare maggiore, sovrastante la statua spagnoleggiante della Madonna, un’icona di rara bellezza, raffigurante la Vergine della tenerezza. La confraternita ebbe, quasi certamente, come primo oggetto di culto l’icona bizantina raffigurante la Madonna Eleousa, già espressione della devozione del Carmelo. La datazione dell’icona, fissata durante il delicato restauro del 1983, risale alla fine del XII secolo, inizi del XII. L’ipotesi di una sua probabile presenza nell’Abbazia latino-normanna di Santa Maria e i XII Apostoli e attendibile. L’icona potrebbe essere giunta dalla Terra Santa grazie ai pellegrini che avrebbero portato, come ricordo del loro soggiorno, copie della Madonna del Monte Carmelo. Infatti i pellegrini carmelitani solitamente, al loro rientro in Italia approdavano in Sicilia, dove a Messina sorgeva nel 1235 una loro casa e dove potrebbe essere giunta la copia dell’icona orientale. L’arrivo dell’Eleousa a Bagnara potrebbe dipendere proprio dal fatto che la l’Abbazia normanna deteneva vari possedimenti in Sicilia e in particolare a Messina, oltre i normali scambi di varia natura intercorrenti via mare.

DESCRIZIONE DELL’ICONA

La tavola su cui e dipinta la Madonna Eleousa ha fondo interamente dorato. Il sacro Bambino è sollevato tra le braccia della Madre e poggia la sua guancia contro quella di Lei, mentre la manina destra le accarezza il mento e con la sinistra si aggrappa al Suo velo. Un vivace movimento impresso alle gambette di Gesù, di cui una poggia inarcata sul braccio destro della Madre, l’altra invece sfuggendo all’abbraccio scivola sotto di esso. Maria è rivestita di un maphorion blu, bordato d’oro, sotto il quale si intravede la veste rossa, cosi come rossi sono il cercine che raccoglie i Suoi capelli e Le incornicia il viso e il manto che avvolge morbidamente il bambino. Il colore utilizzati per dipingere i corpi di Maria e Gesù e l’olivastro bizantino.      L’espressione della Vergine a estatica, sembra che il suo sguardo sia fisso in un punto indefinito, situato al di fuori dello spazio e del tempo. Questa apparente “assenza” espressiva di Maria contrasta con l’espressività dell’abbraccio materno. Si ha quasi la percezione che Maria voglia proteggere il Piccolo stringendolo a se, ma che al tempo stesso, ben conscia di quanto attende entrambi, si perda con lo sguardo in una lontananza spazio-temporale verso la quale ambedue sono proiettati per volere divino e per far si che si compia la storia dell’umana salvezza. Le mani della Vergine sono lunghe e affusolate e l’intera figuè  inclinata verso sinistra. Il            viso del Bimbo e paffuto e folti riccioli biondi lo incorniciano. Il Suo sguardo sembra essere rivolto ad un probabile osservatore ed e pin terreno di quello della Madre dalla quale e teneramente accolto assieme al mistero che lo rende Dio e uomo. Il lato sinistro della tavola, danneggiato da un incendio, ha subito un più consistente intervento di restauro; lo stesso risulta evidenziato da una zona d’ombra che percorre per intero l’icona, interessando circa un quinto della sua larghezza. Da questo lato manca l’Angelo reggi-corona gemello di quello che appare sul lato destro in alto, poichè l’intervento di restauro non ha inteso ripristinarlo. La presenza di questa figura angelica contrasta un po’ con il resto della composizione e sembrerebbe essere una aggiunta postuma, probabilmente riconducibile al 1500.

 1) L’icona del Carmine è stata restaurata dal prof. Vakalis”

1 – C.MARRA, L’icona del Carmine di Bagnara Calabra, in “Calabria Sconosciuta”, n.101. gennaio-marzo 2004, ann0XXVII. p.29.

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Post Author: Gianni Saffioti