Terra di fede e superstizione di CINZIA GUADAGNUOLO tratto da Calabriaora del 6 aprile 2009

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In tutta la Calabria la Settimana santa raduna le singole comunità. E’ così che credenze ancestrali e religione si fondono

Calabria cattolicissima. Calabria, terra di fede e di superstizione. A Pasqua, più che in ogni altro momento dell’anno, si rinnovano, devozione e riti secolari che non smettono ancora di stupire, di incuriosire, di impressionare, di commuovere.

Tra queste antiche tradizioni un posto privilegiato, nei cuori dei calabresi, lo conserva “l’Affruntata” a Bagnara Calabra. Nel giorno di Pasqua si tiene una rappresentazione che ricorda l’incontro della beata vergine con il Cristo risorto. Tutto comincia alle 14 quando la statua del Cristo è trasportata a braccia dai “Varisti”, dalla chiesa del Rosario all’abbazia di Santa Maria e i XII Apostoli. Alla gloria del risorto, si contrappone il dolore della Madonna velata a lutto per la morte del figlio. Salendo più a nord, a Vibo Valentia intorno alle 11 di sabato santo si «cala a gloria», suonando a festa per annunciarla resurrezione. Tutta la gente del paese mangia la «frittata i pasca c’a ‘nduja», una frittata con una salsiccia molto piccante ottenuta con vari pezzi della carne di maiale. Un momento particolarmente commovente e coinvolgente è la «schiovatura» cioè la deposizione di Cristo dalla croce che si rivive ogni anno a Serra San Bruno. A Pizzoni, invece, il giovedì santo, durante la rievocazione dell’ultima cena, il sacerdote bacia i piedi dei dodici giovani raffiguranti i dodici apostoli mentre questi baciano la chierica al sacerdote. Sempre in provincia di Vibo, a Favelloni e Conidoni viene data ai dodici apostoli una «curija» (corolla) di pane, un’arancia e un bicchiere di vino. A Maierato la rappresentazione dell’ultima cena si svolge dopo la processione penitente degli apostoli. Nella tradizione popolare il pane è considerato elemento protettivo contro le intemperie, così la gente butta pezzetti di pane sui tetti per proteggere la casa. A Monterosso i riti pasquali entrano nel vivo il giovedì santo con il «Triduo Pasquale». Nel pomeriggio di venerdì viene celebrata la «Missa a storta» (messa incompleta) con al quale si ricorda la passione di Cristo. In serata, il «Predicatore», ripercorre la Via Crucis che si conclude con la «Chiamata» della Madonna Addolorata, in abito nero. Sabato, mattina, poi si svolge la processione dei misteri. Per le vie del Paese vengono portate a spalla le «Varie». A Catanzaro l’appuntamento tradizionale è con la “Naca” il venerdì santo, giorno dedicato alla passione di Gesù. Alla processione prendono parte quattro confraternite (ognuna rappresenta una parrocchia diversa) che seguono il carro con Gesù morto protetto da un tulle bianco sorretto da cinque angeli con un cuscino di fiori bianchi e gialli. Subito dopo l’Addolorata. La “Naca” (dal dialetto significa culla o dal verbo “annacare” che significa “cullare”) è un’antica tradizione spagnola approdata in Italia ai tempi della dominazione borbonica. Si trattadi una processione penitenziale, alla quale le confraternite partecipano con il volto incappucciato e con il capo cinto da una corona fatta di spine di asparagi, e attraversano la città a turno già dalla sera di giovedì santo. A Tiriolo, invece, viene rappresentata “a pigghiata”, cioè la cattura di Gesù nell’’orto di Getsemani. Il paese diventa un teatro all’aperto e le vari fasi della processione si svolgono in più punti. A Badolato, centro del catanzarese conosciuto come “il paese dei Curdi”, saranno le confraternite a far rivivere i momenti più salenti della settimana santa, con la processione della “varetta”. Più a nord, nel crotonese, rivivono i culti della comunità albanese. Qui la Pasqua si celebra secondo il rito greco-bizantino con usanze e tradizioni dalle radici molto profonde. Nel corso dell’intera settimana msanta i Papas, dai ricchi e policromi parametri, usano l’italiano per la lettura delle sacre scritture, il greco per le esecuzioni dei sacri inni e l’albanese per alcune preghiere e anche per le «Kalimere», i lenti e malinconici canti sulla passione e morte di Cristo. In occasione della risurrezione di Gesù, in alcuni paesi albanesi come San Demetrio Corone, San Cosmo e Vaccarizzo, resiste la consuetudine di recarsi a piedi alla fontana posta fuori dall’abitato per assaggiare l’acqua e fare poi ritorno a casa, tra gli echi del Cristo è risorto e dei canti popolari albanesi. Un’altra caratteristica che contraddistingue le Pasque albanesi è il falò attorno al quale vengono elevati canti e preghiere. (cg)26 settembre 2004

Post Author: Gianni Saffioti