LA STAMPA Giovedì 23 Aprile 1970 Anno 104 Numero 84. La mafia blocca i lavori dell’autostrada

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LA STAMPA Giovedì 23 Aprile 1970 Anno 104 Numero 84

 Il ritardo non è dovuto soltanto a difficoltà tecniche. Bloccati dalla mafia in Calabria i lavori dell’Autostrada del Sole. La grande arteria sarebbe dovuta giungere sino a Reggio Calabria entro quest’anno

 Ma forse non sarà compiuta nemmeno entro il 1971

 (Dal nostro inviato speciale) Cosenza, 22 aprile.

 Entro quest’anno, secondo le previsioni tecniche a suo tempo elaborate, l’Autostrada del Sole sarebbe dovuta giungere sino a Reggio Calabria, senza interruzioni, in modo da cucire realmente insieme tutta la Penisola. Ma non sarà compiuta nel ’70 e forse nemmeno entro il “71. La situazione mi è stata così sintetizzata stamane, dall’ing. Ennio Matera, caposezione dell’Anas a Cosenza e sovrintendente a tutti i restanti lavori: « Ci sono ancora da realizzare tre tratti in territorio calabrese: Buonabitacolo-Morano di 81 chilometri, Pecorone-Campo Tenese di 33 chilometri, Bagnara-Santa Trada di 15 chilometri. Il primo sarà probabilmente terminato nel ’71; il secondo lo apriremo in giugno; l’ultimo, forse, speriamo, nel ’71 ». « Quali sono le ragioni dei ritardi? ». « Varie. Un rallentamento fu dovuto alle conseguenze degli scioperi dei cementieri e ai rifornimenti del ferro. Altri ritardi a difficoltà tecniche, incontrate nella costruzione di determinate opere d’arte, morfologia del suolo e così via ». « Null’altro? ». « L’ultimo intoppo relativo al tratto Bagnara-Santa Trada è costituto dalla mafia. Ma di queste cose i giornali non possono parlare ». Perché no? Il nostro giornale già ne parlò alcune settimane fa in un servizio di Francesco Rosso. Diciamo piuttosto che non è facile approfondire lo scottante argomento. Lo stesso ing. Matera — sbrigativo a causa dei pressanti impegni professionali — mi ha consigliato di indagare sul posto, cioè nella zona di Reggio dove « forse » avrei potuto ricostruire una storia intricata e tragica. Due sorveglianti furono uccisi negli scorsi anni perché colpevoli di troppo zelo. Ad uno di essi spararono una rivoltellata, l’altro, a quanto pare, rimase vittima di un misterioso incidente sul lavoro. Le bastonature non sì contano e, soprattutto, non si denunciano. La mafia calabrese, mi spiegano qui, ha caratteristiche del tutto diverse da quella siciliana. Non è cioè un’organizzazione estesa ben ramificata ed in un certo senso codificata. Ogni valle nel Reggino avrebbe la sua cosca o meglio ancora i suoi bulli che dominano, intimidiscono, manovrano le masse dei lavoratori e, forse, di certe sette elettorali. Questa mafia non usa la lupara, ma ricorre con molta facilità al tritolo. Un candelotto, di recente, fu collocato persino nell’auto del figlio del presidente della provincia di Reggio, Macrì, autorevole maggiorente doroteo. Le ditte appaltatrici dei sei lotti, in cui è suddiviso il tratto di Bagnara – Santa Trada, sono società d’importanza nazionale: Condotte acque forzate (la stessa società che realizzò il traforo del Monte Bianco), Movitel, Giovannetti, Tordivalle, Loi Dona e Brancaccio. Non difettano di tecnici, né di mezzi d’ogni genere. E” assai probabile, o quantomeno presumibile, che, di fronte ad una pressione mafiosa alla siciliana, avrebbero finito, proprio in un’accorta valutazione economica del pro e del contro, per trovare un accomodamento. Ma non esistono 1 pezzi da novanta in grado di rappresentare e impegnare una vera organizzazione, quindi di tentare approcci ad alto livello. Non esistono dei veri capi”, bensì dei « protettori n, i quali taglieggiano i lavoratori stessi, che in questi quindici chilometri della costruenda autostrada sono oltre duemila, nonché le piccole ditte subappaltatrici per forniture di sabbia, pietrisco, ecc. Le retribuzioni, corrisposte agli operai in base alle tariffe sindacali nazionali, si aggirano sulle mille lire l’ora, compresi i contributi. In pratica, cioè in busta, sono paghe di quattro cinquemila lire al giorno, che sembrano fiabesche in una regione dove il bracciante agricolo non riceve più di milleduecento lire giornaliere e dove il reddito medio prò capite (340 mila lire l’anno), è meno della metà di quello medio italiano. I capi mafiosi hanno buon gioco. Possono persino valersi di una specie di ragionamento, convincendo gli operai — un po’ con le buone un po’ con le cattive — che l’ultimazione dell’autostrada significherebbe per essi la disoccupazione. Gioia Tauro, Palmi, Locri, Siderno, sono le zone dove la mafia calabrese ha approfondito le sue radici. Questa dislocazione geografica, ma forse non soltanto questa, spiega perché il punto colpito dell’autostrada si trovi proprio alle porte di Reggio, tra Bagnara e Santa Trada. L’altra ragione (e si tratterebbe allora di un sabotaggio più in grande, con finalità non ben valutabili), potrebbe risiedere nel fatto che questi quindici chilometri sono nevralgici, in quanto corrispondono ad una profonda valle nella quale la strada litoranea si inabissa per una ventina di chilometri, con decine di curve tortuose, tra un abitato quasi ininterrotto. Ogni giorno vi sono ingorghi terribili: ogni giorno, centinaia di autotreni, per lo più diretti in Sicilia, o provenienti dall’isola, sono costretti a superare, a passo d’uomo, questa specie di abisso. Che cosa succederà tra poche settimane, con il risveglio del turismo, è prevedibile. In alto svettano i ciclopici pilastri dei viadotti da completare, tra cui quello di Sfalassà, che un giorno sarà una delle opere più ardite dell’autostrada. Ma quando? Abbiamo domandato come avviene il sabotaggio, ma nemmeno a questo proposito si ottengono risposte chiare. Sembra che per un certo periodo gli operai si astenessero ostentatamente dal lavoro; in altri periodi, invece, il lavoro avverrebbe a singhiozzo, intralciato da tardivi rifornimenti e da una serie di ben congegnati ostruzionismi, ai danni delle ditte subappaltatrici.

Post Author: Gianni Saffioti