Viaggio virtuale nella Bagnara di metà ottocento

Viaggio virtuale nella Bagnara di metà ottocento

a cura di R. Cardone

  1. 1873
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Facciamo conoscere a’ leggitori, che la nostra città, dopo Reggio e Palme, non è seconda a tutte le altre della nostra provincia in ordine di regolarità delle sue strade, al sito delle piazze, alla magnificenza ed eleganza di alcuni sui edifizii, alla bontà di tutti i suoi fabricati, e tutt’altro in somma che in essa esiste.

Di fatti, oltre alla strada rotabile che tanto l’arricchisce e la rende animata pe’ continui passggi che per essa vi sono; altre a’ due magnifici ponti, di Caravilla e di Sfalassà, innalzati fin dal 1825 e seguenti anni, la cui situazione offre materia bellissima di pennello agli oltramontani, ed oltre a’ buoni palagi , alle belle piazze, ed alle larghe e dritte sue strade, sonovi ancora nove chiese, quattro nella parte superiore e cinque nella inferiore di detta città.

Le prime sono la chiesa della madonna della montagna comunemente detta dei paolini vecchi, perché attigua alle dirute fabbriche dell’antico convento di detti padri. La Chiesa della Immacolata, la quale è confraternita delle sagre stimmate di S. Francesco di Assisi, riedificata da D. Pietro Versace seniore dopo il tremouto del 1783 sullo stesso sito in cui era quella di S. Nicolò di Bari. La chiesa si S. Anna, che era la capella dell’abolito Camposanto; e quella dei PP. Cappuccini col convento adiacente; nella quale chiesa si veggono il quadro della Madonna degli Angioli, ch’è sito sull’altare maggiore, quello della Immacolata, e gli altri due, uno di S. Francesco di Assisi, e l’altro di S. Giuseppe da Lionessa che sono di qualche pregio.

Le altre cinque chiese poi sono quella de SS. Apostoli Pietro e Paolo al rione Valletta; quella delle anime al purgatorio nella piazza del mercato, ch’è di jus padronato della famiglia Denaro; la chiesa madrice allo ingresso della piazza del popolo;  la chiesa del Santissimo Rosario, vicina al ponte detto di S. Maria, e la chiesa di S. Maria di monte Carmelo, poco discosta dal ponte Caravilla. Queste due ultime chiese però, si per la loro magnificenza, che per le loro ricchezze richiamarono sempre l’attenzione dei forestieri.

La prima di esse si rende ammirevole non solo per la sua elegante architettura di ordine Corinto; per le belle pitture a fresco del Cristadoro, delle quali è ornata la sua volta; per un bel gruppo di angioli e pei mezzi rilievi di stucco che vi sono in tutto il cornicione e in cima alle colonne, egregiamente lavorati dal famoso Gianforma; per l’oro finissimo che in tutti gli ornati del tempio vedesi profuso, per i marmi pregiati di rosso di Francia, di verde antico, di nero di Egitto e di altri svariati colori, dei quali l’altare, la balaustra, e il pavimento sono formati, ma ancora per sagri preziosi arredi di che è provvista, e per un corredo di pitture che possiede, la maggior parte del De Matteis, tra cui la Maddalena penitente, e la morte di Oloferne occupano il primo posto.

In uno dei campanili della chiesa, eretta ad Arciconfraternita, con decreto del 22 Agosto 1854, fu posto, nel 1818, l’orologio suonante, che tuttavia è di comodo alla popolazione; mentre pria tale epoca indicava le ore l’altro orologio, che sta affisso alla chiesa dei PP. Cappuccini.

La seconda poi delle nostre belle chiese è di Jonica architettura. Essa, come quella testè descritta, si distingue trei nobili edifizii di Bagnara non pure pei mezzi-rilievi di stucco, e pei varii gruppi di Angioli, di che è ornata tutta la sua volta, lavorati con molta finezza del prelodato Gianforma; pei marmi pregiati di verde antico, di nero di Egitto, di bianco statuario e di altri di vario colore, dei quali sono formati l’altare, la balaustrata, e il pavimento, e pei sagri arredi di argento e d’oro di cui è riccamente provvista; ma ancora per il bel Campanile alla Bramante, che le sta allato, per la spaziosa e decente sua sagrestia, e pei ricchi fabbricati, in somma, su cui in eminente sito sta tutto edificato.

Ma Bagnara non solo si distingue fra le città di questo calabro suolo per tutto quello che di sopra abbiamo accennato e descritto, dappoichè, per l’ingegno fecondo e per l’industria dei suoi abitatori, non fu mai inferiore alle altre città della Reggina provincia, principalmente in ordine a manifatture, e a fabbriche rinomate.

Io non mi diffonderò a descrivere la cartiera che qui vi fu, la quale era sita alla sinistra sponda del fiume sfalassà dirimpetto all’ingresso del mulino inferioreùùù, né l’assai ricca fabbrica di cera che la nostra città si ebbe nel passato secolo, come neanco farò discorso delle fabbriche di eccellenti saponi che qui avevamo, le quali provvedevano tutt’i paesi a noi vicini, pria che si fossero stabilite grandi fabbriche in altri siti; né infine di quella di cremore di tartaro che mantengono i tanto noti droghieri Signori Spooleti; ma soltanto dirò pochè parole sulle tre più accreditate fabbriche che qui abbiamo, che senza dubbio sono quele dei Signori Cardone.

Queste fabbriche non pure si resero celebri per gli eccellenti rosolii, per le ottime confetture, e mille altri squisiti dolciumi, che con tutta maestria vengono elaborati, ma soprattutto  pel tanto rinomato Torroncino, il quale, per la gran perfezione con la quale viene preparato, e per i lavori svariatissimi che di esso si fanno, e che da persone di genio all’uopo addette vengono diligentemente lavorati con tali studiati disegni, da sembrare, direi opere da busciottieri, meritatamente resero i loro preparatori assai rinomati, tanto nel nostro Regno, quanto nelle estere Città ancora, perché a’ più ragguardevoli personaggi di Europa, di un tale dolciume annualmente se ne fa dono.

Ma se Bagnara trovansi tante e sì varie cose, che si rendono necessarie agli usi civili, e  a’ comodi della vita, di non poca importanza devesi riguardare il notissimo specifico antifebrile del fu Antonio Musomeci, e che ora si vende dal dottor Vincenzo Careri.

E siccome il metodo di preparazione dello specifico in parola fu dal Musomeci confidato al Signor Francesco Spoleti, dai suoi eredi perciò se ne fa ancora moltisssimo smercio.

Che diremo ora dei donneschi lavori, che fannosi nella nostra città?

Le donne di ceto civile, e soprattutto lw signorine, istruite dalla moderna scuola, eseguono egregiamente lavori di cucito a costura semplice e alla Francese; lavori al croscè, e al filè svariatissimi; ricami di tappezzeria in seta e in oro sopra canavaccio e sopra casimiro, e marche ancora ancora di ogni specie, e di ogni carattere. V’intrecciano pure assai bene le margheritine, formandone buchè, ed altri graziosissimi oggetti.

Le donne poi del ceto medio attendono a cucire, filare, e tessere lavori di maglie e tele cosi fine, che possono tavvolta quest’ultime gareggiare con quelle di Ollanda.

Che diremo imnoltre dei naturali prodotti del nostro territorio? Esso quantunque angusto, dà nondimeno mottivo ad ammirare la singolare industria dei nostri agricoltori, i quali non vi è un angolo di terra il più alpestre che sia, che sostenuto da macere non rendono coltivato. E siccome il nostro suolo, per le favorevoli circostanze di una ubertosa vegetazione alla quale è esposto, non fa sentire all’agricoltore il bisogno di auguzzare il suo ingegno per obbligare il terreno ad essere più produttivo coi ritrovati dell’arte, perciò il metodo di coltivazione e gli strumenti rurali sono i medesimi dei nostri antichi agricoli adoperati, e forse gli stessi che in tempo di Columella furono messi in uso.

La rotazione campestre però, sebbene da pochi anni è stata introdotta, non è ancora molto bene intesa.

Le maggiori derrate di Bagnara consistono in legname di castagno, cerchi, e vivi generosi; i quali potrebbero essere migliorati, se invece pei cosi detto castiglione si coltivassero vitigni di tutt’altra specie, e le uve diversamente si elaborassero. In fatti il Marchese Grimaldi, Ispettore di agricoltura nella nostra provincia, suolea dire che i vini di Bagnara, migliorati all’uso di Francia, potrebbero divenire eguali a quelli di Sciampagna e di Borgogna, ed alla cosi detta lacryma Cristi, che ricavasi dalle uve che produconsi alle falde del Vesuvio.

Negli antichi tempi producevasi anco nel nostro territorio abbondante quantità di ottimi grani. Ora quei terreni sono addetti ad altri usi, e forse apportano ai loro possessori minore rendita.

Gli ulivi sono ancora coltivati nel nostro territorio ma non in grande abbondanza.

La piantaggione de’ gelsi è oggidì tra noi bastantemente avanzata, e si aumenterà sempreppiù, sarebbe quindi conveniente che l’industria del baco da seta, troppo finora ristretta, viemaggiormente si aumentasse, e che si costruissero de’ filatoi, non mancando appo noi le buonissime acque all’uopo necessarie.

Numerosi poi e belli sosno i giardini del Bagnarese territorio, i quali, per le copiosità delle acque da cui sono irrigati, producono una abbondante quantità di arance, limoni, ed altre varietà di tal genere; nonché una copia inesauribile di erbacei, e prodotti ortalizii di ottima qualità; di talchè i paesi montanari a noi vicini ne sono elle nostre donne provvisti.

La dolcezza del nostro clima è tale da far vegetare e fruttificare la palma senza potere però condurre a maturazione i datteri, richiedendosi un clima più assami del nostro caloroso.

Vi è poi né nostri campi tanta quantità di felci, che con le loro ceneri potrebbe stabilirsi una fabbrica di vetro nero.

Tra le piante medicinali, che nelle nostre campagne vi sono, vegetano assai bene l’assenzio, l’alisma l’angelica, l’artemisia, l’acetosella, l’accanto, la bardana, la buglosa, la beccabunga, il crocco, la celidonia, la centaura, il camedrio, il cardosanto, la cicuta, la cinoglossa, il capelvenere, la camomilla, la dulcamara, l’eleboro, la fumaria, il felce maschio, l’ippericon, il giusquisiamo, la linaria, il mirto, il nastrurzio acquatico, la melissa, la ruta, lo smilace, il tarassaco, la verbena, ed altre molte di genere, specie e varietà diverse, che per brevità ometto indicare.

Tra’ minerali, che nel territorio di Bagnara si rinvengono, oltre di una grandissima quantità di sottocarbonato calcareo, dal quale preparasi ottima calce; di abbondante creta, che si consuma, per fare tegole e mattoni, e di molto eccellente granito, si trovano ancora ocre rosse e gialle bellissime; il diaspro, lagate di varie sorti, la pietra aetites-geodes, e gli ovites o creoferri.

Pria che le selve del nostro territorio fossero contivate abbondavano di cinghiali, lepri, volpi, e pennuti, la caccia de’ quali era riserbata a’ Signori del luogo.

Ne’ nostri fiumi si pescano buonissime anguille.

Si rinvengono nel nostro mare coralli, madreperle, retepore, e tubilarie: trovansi ancora molti crostacei.

Il mare di Bagnara abbonda di molte specie di pesci. Le alelonghe però, i toni, i pescicani, e più di tutto il pescespada sono oggetto di rilevante entrata per la nostra città.

La pesca di quest’ultimo fu introdotta tra noi fin dai remoti tempi. Tanto vero che il Gran Conte di Sicilia Ruggiero I, tra le altre dotazioni fatte alla chiesa da lui qui fondata, le assegnò ancora due posti di pescespada, quello cioè di Martorano e l’altro del Capo; e perciò bisogna dire che tal pesca fu qui in uso in tempo de’ greci, che pria de’ Normanni queste reggioni lungamente occuparono. Di fatti i nomi delle contrade marittime della nostra città, gli elevati punti delle quali servirono di vedetta, come tuttora servono, a’ nostri marinari nella pesca del pescespada detto Xiphias dai Greci, ed i vocaboli, sebbene corrotti, anco attualmente adoperati nella esecuzione di tal pesca non  essendo che greci, ciò chiaramente dimostra che gente di quella nazione ebbe sua dimora in questo luogo, lasciandoci l’impronta della sua favella.

L’antica maniera di pescare il pescespada descritta da Polibio, presso Strabone, e l’attuale, un po’ diversa della prima, descritta dal Marafioti, da Placido Reina, e da’ Signori Diego Vitrioli e Canonico Paolo Pellicano da Reggio mi esanta di vergare anch’ io qualche pagina oggetto.

Credesi d’alcuni che i Taurianesi fossero stati i primi che si esercitassero nella pesca di detto pesce, e perciò lo denominarono Taurianus, siccome sono di avviso il precitato Marafioti ed Atenèo. Ma Ermolano, nelle sue annotazioni a plinio, vuole piùttosto che da Turio prese il suo nome.

Bagnara ha un cantiere, ove con molta perfezione si costruiscono legni a vela quadra e latina, come a dire Brich-scuner, Sciabbecchi, Bovi, Paranzelli, ed altre barche di minore grandezza.

La marina di Bagnara, al tal dire di Carlo Botta, appartenendo ad una antica e cenebre città per la moltissima predilezione ch’ebbero di essa i Gran – conti di sicilia Ruggiero I, e Ruggiero II, e perché sempre abbondante di molti generi utili a’ comodo della vita, e alla prosperità del commercio, fu perciò, fin da molti secoli, nel traffico fioritissima. E sebbene col tempo le mancarono i due porti altrove mentovati, ciò non pertanto il suo commercio non fu in nulla scemato. Di fatti pria della distruzione dell’antica città non solamente da Bagnara si effettuavano grandi carichi di olie, sete, cerchi, legname diverso ed altri generi per la Sicilia, Napoli, roma, Civitavecchia, Genova, Livorno, Marsiglia, tolone, ed altre città, ma s’immettevano ancora da’ nostri negozianti telerie, panni, cappelli, orologi, e groghe più di tutto, che si esportavano da Lisbona, Cadice, Genova, Livorno, Marsiglia, e da altre ragguardevoli città di Europa.

Al presente la nostra marina, si per la estrazione de’ suoi proprii generi, come per la immissione de’ generi esotici ha un traffico egualmente prospero che l’antico.

La sola immissione di grani, e di altri cereali che vi è in venti e piùmagazzini che di detti generi in Bagnara  ci abbiamo, si calcola di essere nelle annate poco ubertose, si oltre a centomila tomoli, la maggior parte de’ quali si estrae per approvigionare i paesi montanari a noi vicini, dei quali la nostra città può dirsi il granajo.

E’ bello poi vedere, dal mesi di Aprile in avanti nella nostra vasta marina, non solo più di quaranta barche, che con le loro reti lunghissime sono addete alla pescagione dei palamiti e delle alalonghe; ventuno scafe esercitarsi alla deliziosa e ricca pesca del pescespada, e non poche altre barche pescherecchie siciliane, che in quel tempo vengono ancora a pescare nel mare nostro, ma nel decorso della estiva, e dell’autunnale stagione veggonsi parimenti altre venticinque barche da negozio di vario tonnellaggio, le quali altro non fanno, che trasportare dalla sicilia, e da altri caricatori della Calabria una grande quantità di grani, granoni, orzi, legumi di ogni sorte, formaggi ed altri generi; e con ciò applicati mille e più individui, i quali con la loro attività, e con le loro specoazioni portarono l’abbondanza e la ricchezza alla nostra città.

 Quello che poi maggiormente diletta in tale stagione si è il vedere ancorati, poco lungi dal lido, più bastimenti, ed altri legni minori, i queli caricando per la Sicilia, per Malta, per Marsiglia ed altri luoghi i nostri generi legnamarii ed olei ancora, mantengono così la nostra bella marina nel massimo brio, e nelle più grande attività. Al che si aggiunga, ch’essendosi costruite, fin da più anni, vicini alla stessa marina delle grandiose cisterne, per deporvi ricchi acquisti di olei, che si fanno da’ nostri facoltosi negozianti e proprietari Signori Patamia, e De Leo, questa circostanza accrescerà  certamente di molto il traffico nella nostra città. E siccome in ogni estiva stagione convengono in Bagnara moltissime persone di ogni ceto da’ paesi montanari di questa provincia, chi a diporto, chi per cambiamento d’aria, e tutti per fruire de’ tanto  ormai usati marittimi bagni, per quest’altra ragione vedesi la nostra città moltoppiù popolata e messa in brio, con ispecialità dalle famiglie distinte de’ signori della piana, che col lusso che mantengono apportavano alla città nostra significatici vantaggi.

Bagnara è una città, in cui non solamente fiorirono in ogni tempo le scienze, le lettere, e le arti belle, mentre fu pure  mentre fu pure abbondevole di artisti ed artigiani di ogni genere. E quantunque al presente scarseggia in alcuni rami, perché la gioventù si addice piuttosto al negozio come mezzo più produttivo al guadagno, malgrado ciò vi sono attualmente nella nostra città i seguenti professori,  artisti ed artigiani, cioè: 5 Avvocati, 3 notai, 3 Medici, 4 Medico-chirurghi, 1 Laureato in chimica, 7 Farmacisti, 3 Droghieri, 2 Maestri di scuola di umanità, 4 maestri di scuola elementare, 2 Maestre della stessa scuola, 1 Pittore ritrattista, 3 Pittori ornamentisti, 2 Maestri di Musica, 1 Fotografo, 2 Agrimensori, 1 Costruttore di Pianoforti, 1 organaio, 1 orologiaio, 6 Giojellieri e bìscuttieri, 4 Dolcieri, 6 Flebotomisti, 6 Levatrici, 3 Cerajoli, “ Ebanisti, 1 Ligatore di Libri, 24 Sarti da uomo e da donna, 8 Lavoratori coltri, 2 Tessitori di drappi, 50 tessitrici di tele, 2 Armajuoli, 1 Pirotecnico, 5 Tintori, 26 Calzolai, 2 Lattai 3 vetrai, 6 Materassai, 1 ambrellaio, 14 Barbieri, 4 Saponai, 4 Pastai, 12 Scarpellini, 28 Muratori, 13 Ferrai, 1 Costruttore di sedie, 4 Fiammiferai, 3 Cordai, 8 Scardassatrici, 12 Bottai, 4 costruttori navali.

Abbiamo detto di sopra che una parte della gioventù di Bagnara invece di applicarsi alle professioni, ed altre arti liberali, inclina meglio occuparsi al megozio. E’ veramente il commercio fu il genio dominante dei bagnaresi: tanto che di essi ve ne furono, come tuttavia ve ne sono, molti, e in diversi luoghi stabiliti.

Quelli però che più degi altri grandemente estesero, ne’ tempi antati, il loro negozio furono al certo i droghieri, i quali è noto a ciascuno a quale stato di dovizia li fece giungere la loro operosa solerzia. Attualmente però abbiamo non solo in Bagnara, ma in Messina, Catania, siracusa, Malta, e Marsiglia mercandanti, nostri concittadini, addetti ai vari generi di negozio, di assai più elevata sfera che non furono gli antichi, potendo gli attuali star molto bene a fronte de’ negozianti primari della provincia, e del Regno ancora.

L’nclinazione al negozio pero ed a ogni sorta d’industria e speculazione non si osserva tra gli uomini soltanto in Bagnara, giacchè le donne, principalmente del basso ceto, sono pur troppo animate a far ciò.

Veggonsi in fatti partire dalla nostra città assai di ben mattino e quasi giornalmente, più centinaia di tali donne divise in varie torme per diffondersi in tutt’i paesi della provincia con grandi ceste sulla testa cariche a ribocco non solo de’ prodotti ortalizii del nostro territorio, ma ancora di pesci, stoviglie, tessuti, ed altri diversi oggetti, i quali vengono rivenduti da esse non solamente in contante, ma studiandosi ogni mezzo che possa tornare loro vantaggioso ne fan cambio con oleo, legumi, biade, frutti verdi o secchi ed altro che producesi nelle contrade ov’essa si recano. De’ quali generi poi, ritenendo il superfluo con bastante guadagno, vengono, così industriando, a percepire lucri siffatti da essere sufficienti ad alimentare non pure le proprie famiglie, sovente numerose, ma a renderle ancora più comode, ed agiate.

Altre di tali donne poi si addicono a travagli più onerosi; poiché ad oggetto di procurarsi il giornaliero alimento si esercitano da mattina a sera a trasportare, anco sulla testa, carichi assai pesanti di grossi dasci di cerchi, di tavole, e di legname di vario lavoro, camminando per burroni, ed altri pericolosi sentieri, per abbassare dalle più erte montagne detti oggetti alla marina: Or siccome per potersi sostenere siffatte non ovvie fatiche si richiede una valida fisica costituzione, da ciò si rileva come le nostre donne travaliatrici esser debbono vigorose e gagliarde.

Esse, come quelle del ceto civile, furono sempre dotate di molta avvenenza; tantochè il Mazzarella, il Nicolosi, il fiore, ed id Elia Amato non trascurarono celebrarne la bellezza nelle opere loro: Castrum Balneariae (dice questo ultimo) locupletatum hominibus, sed maximeque puellis vultus amenitate decoratis.

Bagnara è una città in cui l’incivilimento ed il lusso fiorirono in ogni tempo.

Per dimostrar ciò basta soltanto rammentare, ch’essendovi stata sempre nella nostra città una coltura letteraria, ed un commercio abbastanza prospero con molte ragguardevoli città Europee, la cvilizzazione perciò ed il lusso furono, fin da tempi lontani, introdotti tra noi, e conservati.

Il bel teatro difatti che qui vi era; le adunanze letterarie che si tenevano nelle case dei dotti; le feste di ballo; le villeggiature ed altri utili ed onesti passatempi in che si esercitavano i Signori di Bagnara abbastanza dimostrano di qua’ docili costumi, e di quali sentimenti generosi e sociali era dotato, siccome tuttavia lo è, l’animo de’ Bagnaresi abitanti.

Attualmente vi è nella nostra città un teatrino per uso de’ giovani dilettanti, e una compagnia filarmonica di cantanti recentemente formata.

Evvi ancora una ben messa Casina di società, che la moderna civilizzazione preferisce a qualunque altro luogo di ritrovo. Né manca Bagnara di tutt’altre località di pubblico accesso, poiché vi sono de’ bigliardi, de’ caffè, delle locande, e delle trattorie, frequentate dai forestieri giornalmente.

Che dirò della lussuosa maniera di vestire de’ Bagnaresi?

I gentiluomini non indossavano, nella estiva stagione, se non che abiti di finissime sete; e nel verno poi vestivansi dei migliori, e più pregiati panni di Spafna e di Francia.

Le vesti delle donne, e con ispecialità delle signore, e delle mogli dei ricchi negozianti, eran più luissuose dei vestimenti degli uomini. Elleno, altre dei doviziosi ornamenti di oro ingemmati di che si abbellivano, indossavano ancora abiti di drappi si seta abbondavolmente in oro o in argento ricamati ed eleganti cotanto, che dopo di essere stati messi in disuso, se ne fecero paramenti sacerdotali ed altri sagri arredi; e dei più ricchi e vistosi avevamo vestito alcune bellissime nostre immagini, pria che di abiti novelli furono più riccamente e nobilmente vestite.

Attualmente tra di noi la civilizzazione e il lusso sono in progresso non meno di prima. Tanto vero che oltre il lussuoso modo di vestire delle persone di ogni ceto, ed oltre alla maniera colta e gentile del viver loro, volendo i Bagnaresi imitare più che possono le città più considerevoli della nostra provincia formarono la banda musicale di cui abbiamo parlato. La quale, oltre che viene assai spesso invitata a suonare nelle varie festività della nostra città, e in quelle di non pochi paesi della provincia, e nell’associazione dei cadaveri dei gentiluomini ancora, viene parimente addetta a farci sentire, in ogni sera di Domenica e di giovedì, nella estiva stagione sulla piazza del popolo i più armoniosi pezzi musicali.

Post Author: Gianni Saffioti