Lo spagaro e la lavorazione dello spago

Lo spagaro

Lo spago, che serviva soprattutto ai pescatori per fare o riparare le reti rotte dai pescecani o dai bastimenti, veniva filato dagli artigiani del paese, chiamati spagari. Con la canapa dentro una bisaccia messa a tracollo, lo spagaro camminava all’indietro partendo da un ingranaggio chiamato ruota e che serviva a raccogliere lo spago. Dopo aver filato la canapa, trasformandola in tanti spezzoni di spago fine da 50 metri ciascuno, lo spagaro intrecciava abilmente tre di questi fili servendosi di un utensile di tartaruga con tre fori. Dall’altra estremità, una persona, generalmente un bambino, era addetta a far girare una manovella che faceva muovere la ruota d’ingranaggio dove lo spago si raccoglieva. Alla fine del lavoro, con abile maestria, lo spagaro saldava le estremità degli spezzoni da 50 metri formando matasse molto lunghe adatte alla costruzione delle reti. La figura dello spagaro sparì intorno agli anni trenta, quando l’ultimo artigiano, che lavorava al rione Canneto, un uomo gobbo che si faceva aiutare dai bambini del rione, partì verso l’Argentina. Da allora lo spago fu direttamente importato da Napoli.

La storia ci racconta che le reti da pesca fatte con la canapa sparirono appena il petrolio s’ impossessò del mercato e si costruirono delle reti più robuste in materiale sintetico.

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Post Author: Gianni Saffioti