Fascismo e tragedia del 24 maggio 1927

<>

 

Fascismo e tragedia del 24 maggio 1927

di Gianni Saffioti 8 novembre 2004

 

Per capire bene, la tragedia del 24 maggio del 1927, e non fare come al solito, sfruttare la cultura popolare per i propri interessi, magari facendosi sovvenzionare le pubblicazioni da qualche ente; bisogna intercalala in quella che era la realtà della società italiana dell’epoca.

 Era, l’Italia del 24 maggio 1927 dominata da una dittatura fascista, messa prepotentemente al comando della nazione dal Re assieme ai più grossi industriali, per placare l’animo dei sempre più scontenti lavoratori. Il fascismo poi sfuggì di mano a chi lo pilotava e cosi ancor oggi ci lecchiamo le ferite.

  Il 24 maggio 1927 mentre a Bagnara succedeva la catastrofe, a Roma i sindacati fascisti decidevano e ottenevano una riduzione generale dei salari del 10 per cento. Alla faccia dei sindacati! Il 4 gennaio di quello stesso anno veniva sciolta la Confederazione generale del lavoro (CGL), e in tutto quell’anno molte altre cose contro la classe lavoratrice venivano approvate, come pazientemente ci riporta la tabella sotto, che non è inventata ma è vera al 100%.

4 gennaio            Viene sciolta la Confederazione generale del lavoro.

7 gennaio            La Carta del lavoro è presentata al Gran Consiglio del fascismo (sarà approvata il 22 aprile).

9 gennaio            E’ proibita ogni forma di organizzazione giovanile non fascista.

1 febbraio           Il Tribunale Speciale inizia la sua attività, condannando a 9 anni di prigione ciascuno due muratori romani che avevano deplorato ad alta voce il fallimento dell’attentato a Mussolini.

12 marzo             Prime dure condanne del TS: 28 comunisti toscani sono condannati a pene da 1 a 14 anni di reclusione .

25 marzo             Il ministro della Pubblica istruzione (Pietro Fedele) illustra alla Camera il programma fascista per la scuola (“Fascistizzare la scuola […] è il mio compito”).

5 maggio             Il Consiglio dei ministri delibera la riduzione della indennità di carovita agli impiegati statali.

7 maggio             Vengono ridotti gli stipendi a tutti i dipendenti degli enti locali.

24 maggio           I sindacati fascisti decidono e ottengono una riduzione generale dei salari del 10 per cento.

26 maggio           Mussolini pronuncia alla Camera il discorso cosiddetto “dell’Ascensione”. Riaffermando la propria dittatura personale, enuncia il programma: sviluppo demografico della popolazione, messa a punto delle forze armate (“Bisogna poter […] mobilitare cinque milioni di uomini”), creazione dello “Stato fascista”.

23 luglio               Condannati dal TS 19 comunisti imolesi a pene fino a 12 anni.

1 settembre      Nomine di nuovi prefetti. Si completa rapidamente il processo di fascistizzazione della pubblica amministrazione.

17 ottobre          9 dirigenti comunisti vengono condannati dal TS a pene sino a 17 anni di reclusione.

21 dicembre      Con decreto ministeriale viene “rivalutata e stabilizzata” la lira a “quota 90” (90 lire per 1 sterlina). La politica di deflazione si ripercuote duramente sul livello di vita dei lavoratori.

31 dicembre      Bilancio di attività del Tribunale Speciale nel corso dell’anno: 219 antifascisti condannati complessivamente a 1.371 anni di carcere.

 Il clima quindi non era idilliaco per chi lavorava, mentre era migliore per i padroni, sia per quelli grandi che per quelli più piccoli, sia per quelli delle fabbriche del nord, e con le dovute proporzioni anche  per quelli piccoli della palamatare di Bagnara.

Nessuno dei padroni di palamatara decise di non “varare”, tranne le solite eccezioni, alcuni padroni imposero ai loro marinai l’obbligo di andare in mare, mentre loro se ne volevano tornare a casa. Alcuni marinai si salvarono perché risposero che loro sarebbero andati in mare solo se il padrone sarebbe andato con loro, cosi il padrone ripiegò, e mandando tutti a casa. Altri padroni invece accettarono la sfida è rischiarono di annegare assieme ai marinai.

Dei 15 uomini che morirono di cui potremmo dirvi nomi cognomi e il vero loro mestiere; perché la notte andavano a pescare dopo aver lavorato per 10 12 ore di giorno,  facendo chi il muratore, chi il contadino, chi il sarto, ecc ecc., tutti potevano salvarsi se una oculata coscienza padronale, sentiti i marinai esperti che non consigliavano assolutamente il “varo”, avesse deciso di evitare la pesca per una notte. Qualcuno aveva detto “ pè na sira non si mori, pè na sira non si vara; stasera nc’è lu tirribiliu di lu tempu”, parole buttate al vento, non prese in considerazione da nessuno, neanche dalle autorità, che solo dopo la tragedia si diedero da fare per evitare una catastrofe più grave.

E’ questa in sintesi  la realtà del 24 maggio 1927, in sintonia con la grave realtà di crisi  sociale ed economica  italiana, dove si riducevano gli stipendi e si fascistizzava la scuola, (Pietro Fedele, ministro della pubblica istruzione 25 marzo 1927). Padroni egoisti ed arroganti, talmente ignoranti che rischiarono e persero le barche pur di guadagnare qualcosa. Se a Bagnara ed in Italia il clima economico non fosse stato ai limiti della sopravvivenza, nessuno sarebbe andato a pesca quella notte, invece il senso del dovere verso i figli piccoli e la famiglia ha prodotto 15 morti che non poterono rifiutarsi di andare, sia per imposizione del padrone, sia per portare il pane a casa. Conforto a quanto detto fino adesso ci viene dato da una pagina del libro del Dott. Alessandro Carati dal suo “I CAVALIERI DELL’ASPROMONTE  – ed. Marafioti Polistena P. 2004”, egli sostiene: «Fatta eccezione per il pescespada, la cui pesca ed il cui mercato davano credito ad una piccola ma assai remunerativa industria locale, della quale il pescatore non costituiva altro che manodopera a basso prezzo, anche il pesce nostrano, quello più pregiato, in genere poteva oscillare sulle lire una al chilo, dunque era caro, perché la prima scelta ed i prezzi li facevano i proprietari delle barche, che davano la preferenza e la pri­ma possibilità di scelta alle famiglie più agiate, mentre in genere la quasi tota­lità dei pescatori, come gli altri lavoratori salariati, tiravano avanti alla giorna­ta; tuttavia, poiché il pesce è un prodotto facilmente deperibile e il suo consu­mo non si allontanava oltre i confini del mercato locale e dei paesi limitrofi, il suo prezzo, una volta servite le mense dei più facoltosi, scendeva alquanto, e le qualità meno pregiate si potevano acquistare, a seconda del prodotto, anche a qualche decina di centesimi al chilo: riusciva dunque a rientrare tra gli alimenti fondamentali della povera gente e della città. Con l’avvento del fascismo i prezzi al consumo del pesce, verranno rigidamente calmierati e tenuti sotto controllo; la qual cosa non contribuì di certo a sollevare le sorti della maggio­ranza dei pescatori, ovvero di una categoria di lavoratori tra le più disagiate economicamente e tra le più prolifiche a livello coniugale.»

 Le eccezioni ci furono anche quella volta, un padrone che conosceva il tempo mandò tutti a casa, ma un suo marinaio di nome (CARMINI), proprio per il senso di padre e marito, morì dopo aver trovato spazio in un’altra imbarcazione.

Il mio pensiero in proposito è di dedicare a loro la piazza ex lido, per ricordarli come vittime dell’ingiustizia sociale, come vittime inconsapevoli di un regime restrittivo; che mentre loro morivano il capo in pectore Mussolini pronunciava alla Camera il discorso cosiddetto “dell’Ascensione”. Riaffermando la propria dittatura personale, enunciando il  programma: sviluppo demografico della popolazione, messa a punto delle forze armate (“Bisogna poter […] mobilitare cinque milioni di uomini”), creazione dello “Stato fascista”. Ovvero fate figli perché devo mandarli a morire in guerra (26 maggio 1927).

Ben venga qualsiasi tipo di manifestazione a ricordare ed a commemorare i 15 caduti del 24 maggio 1927. Da parte mia, è quasi pronta una pubblicazione con foto, interviste e documenti inediti che presto metterò gratuitamente in circolazione. Perché ricordare serve, sempre.

 

 

Post Author: Gianni Saffioti